giovedì 26 marzo 2009

Localizzare invece di DELOCALIZZARE

E' scandalosa la politica degli ultimi anni che ha incentivato alla delocalizzazione spostando la produzione in grossa parte in Romania.

Chi ha spostato la produzione ha licenziato a Prato creando piano piano un dramma sociale perchè la riconversione è stata pagata dalle persone comuni in maniera molto cara perchè chi viene licenziato ottiene dei contratti di lavoro precario.

Chissà a cosa pensavano i sindacati e i nostri amministratori mentre questo avveniva ?


La risposta è la creazione di luoghi dove il prodotto "fatto a Prato" sia garantito dalla stessa filiera in quanto ogni capo deve avere l'etichetta di tutte le aziende che hanno partecipato al prodotto.



notizie del giorno

Film su crisi tessile con cinese GF
In uscita 'Cenci in Cina' dell'esordiente Marco Limberti
(ANSA) - FIRENZE, 26 MAR - La crisi del tessile a Prato e l'invasione dei cinesi saranno raccontate in un film, 'Cenci in Cina', opera prima di Marco Limberti. In una Prato capitale dell'industria tessile fino a poco tempo fa, ora tutto e' cambiato e i due soci Vittorio Pelagatti (Alessandro Paci) e Armando Giachetti (Francesco Ciampi), proprietari di un'azienda in crisi, devono fare i conti con l'imprenditrice senza scrupoli Li' (Man Lo Zhang, la cinesina del Grande Fratello), per salvarsi dal fallimento


Leandro Gestri ha scritto
alle 11.18 del 24 marzo 2009
Riguardo all'illegalità cinese quella è sotto gli occhi di tutti e gli organi competenti la devono combattere. Sicuramente se su quasi 4000aziende cinesi solo una è iscirtta alla camera di commercio un perchè ci sarà. Se dovessero chiudere le aziende illegali, di quasi 4000 mila ne rimarrebbero ben poche.
Segnala - Elimina

Leandro Gestri ha scritto
alle 11.11 del 24 marzo 2009
Sono ignorante in materia tessile,nonostante son pratese ho lavorato solo 15mesi in qst settore.Il pronto moda era il pane dei pratesi che in cantinetta cucivano e campavano.Ora lo fanno i cinesi e chi lavorava così ora non lo fa più.Però una domanda mi nasce spontanea.Se i cinesi lavorano la maggior parte il pronto moda,come fanno ad essere in crisi lanifici,tintorie o aziende che non fanno parte del pronto moda?Dal mio punto di vista ignorante sembra d aver visto una mancata pubblicità del prodotto Pratese.I nostri prodotti secondo me non sono ben pubblicizzati e ben presentati nonostante l'arte tessile a Prato da secoli.Secondo me va rivalutato il prodotto pratese come unico(perchè così è)pubblicizzandolo non solo in zona ma anche nel mondo,con campagne pubblicitarie,facce famose ecc,anche partendo dalla piccola pubblicità di piccole aziende.Spero che Cenci in Cina sia fatto in modo da rivalutare il tessile a Prato e non un'autocritica del settore
Segnala - Elimina

Propenso Denis ha scritto
alle 9.59 del 24 marzo 2009
IO FACCIO L'ANNODINO E SONO SCONSOLATO!!!!!
Scrivi sulla bacheca di Propenso - Segnala - Elimina

Lanfranco Nosi (Italy) ha scritto
alle 9.33 del 24 marzo 2009
...
Ma non illudiamoci che i problemi possano essere risolti: per questo, parte di quella che è oggi l'industria del tessile potrebbe essere riconvertita - inserendo tutto all'interno di un circuito economico locale basato anche su una moneta locale - per iniziare a soddisfare i bisogni fondamentali della cittadinanza.
Produzione locale per bisogni locali: una vera rivoluzione, visto che oggi il tessile, che ha dato tanto ma che da tempo risucchia anche tantissime risorse, è tutto proiettato "all'esterno" della città, ed inevitabilmente inserito in una competizione persa in partenza sul costo del lavoro.
Questo significa riportare il tutto alle "giuste" dimensioni. Orientare su una produzione di elevata qualità, sulla innovazione di prodotto e sull'incremento del valore aggiunto (che normalmente non coincide con l'aumento della forza lavoro, ma proprio il contrario), e liberare energie per ripensare tutto il sistema economico pratese.
Possiamo ragionarci sopra?
Scrivi sulla bacheca di Lanfranco - Segnala - Elimina

Lanfranco Nosi (Italy) ha scritto
alle 9.26 del 24 marzo 2009
vogliamo provare a rovesciare l'impostazione, e vedere la crisi di un modello industriale/artigianale, che non poteva durare in eterno, come una grande opportunità di rivederne gli assunti di base?
Perché l'esistenza delle manifatture cinesi non condiziona il comparto tessile in quanto tale, e bisogna farsene una ragione: al contrario, l'esistenza del famoso "distretto parallelo" potrebbe veramente costituire quella "chiusura della filiera" di cui tanti cianciano, salvo poi portare a confezionare abiti, divise e quant'altro in Tunisia o in Romania. E, forse, sarebbe veramente l'ora di parlarne e di confrontarsi anche con i tanti imprenditori cinesi che risiedono sul nostro territorio. Un vero e proprio nuovo "patto"....

Nessun commento: