lunedì 13 luglio 2009

Tessile: oltre al danno la beffa

UE: 4 mln a Spagna e Portogallo per settore tessile

BRUXELLES - La Commissione europea ha approvato le domande di assistenza ai lavoratori licenziati del settore tessile presentate da Spagna e Portogallo, per un importo rispettivamente di 3,3 milioni e di 832.800 euro, tramite il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Ora la richiesta passerà al Parlamento europeo e quindi al Consiglio, per la decisione finale.



I fondi della Ue in Spagna andranno in aiuto di 1.100 lavoratori maggiormente in difficoltà fra i 1.720 licenziati in 46 piccole e medie imprese del tessile in Catalogna. La regione spagnola negli ultimi quattro anni infatti ha visto una perdita nel settore di un terzo degli occupati, circa 14.264 posti di lavoro, a causa delle maggiori importazioni nella Ue di articoli da Paesi 'low cost' e alla delocalizzazione degli impianti di produzione al di fuori dell'Europa, specie in Cina e India.

In Portogallo invece la richiesta di assistenza riguarda i lavoratori licenziati in 49 piccole e medie imprese nelle regioni di Norte e Centro, dove si concentra il 97,8% di disoccupati del settore nel Paese. "Tutti gli angoli della Ue subiscono gli effetti della crisi attuale, che ha aggravato problemi già emergenti in diversi settori, in particolare in quello tessile" ha detto il commissario per il Lavoro, Vladimir Spidla, auspicando un rientro sul mercato dei lavoratori interessati "al più presto possibile".

lunedì 6 luglio 2009

Il tessile che "fugge da prato"

FILAN E SUPERLANA SONO GIÀ IN ORIENTE: I TECNICI LE STANNO RIMONTANDO NEL DISTRETTO DI HANGZHOU
La filiera trasloca in Cina
Da domani le macchine della filatura Filan saranno rimontate a Hangzhou, in una fabbrica del distretto tessile del sud della Cina, nello Zehijang. Quelle in funzione alla filatura di Superlana sono invece in fase di montaggio proprio in questi giorni
di Ilenia Reali

PRATO. Da domani le macchine della filatura Filan saranno rimontate a Hangzhou, in una fabbrica del distretto tessile del sud della Cina, nello Zehijang. Quelle in funzione alla filatura di Superlana sono invece in fase di montaggio proprio in questi giorni. Sono sempre di più i pezzi della storia di Prato che vanno all'estero ad alimentare l'industria dei paesi asiatici e dell'Est Europa.
Qui le aziende chiudono, a un ritmo incessante. E i macchinari che hanno fatto ricca la Prato tessile vanno in Cina, in India, in Ucraina. In India ci vanno i macchinari più obsoleti, quelli degli anni Sessanta. In Cina e nei paesi dell'Est europa quelli migliori.
La variabile è infatti il prezzo. Se l'India cerca prezzi stracciati (le macchine da filatura acquistate al costo di ferro vecchio arrivano compreso viaggio e montaggio a costare anche 40.000 euro) la Cina cerca più qualità. La differenza è la tipologia di prodotto realizzata ma anche il fatto che in India ci sono squadre di ingegneri molto bravi e capaci di trasformare un rottame in una macchina perfettamente funzionante.
Una situazione che non fa piacere neppure ai commercianti di macchine tessili che sì guadagnano sul venduto ma poi perdono il mercato a Prato per quanto riguarda la manutenzione e la gestione degli impianti. Altre macchine sono già pronte per essere imbarcate e arrivare in Asia. Tante filature non riapriranno a settembre e in molti casi i macchinari sono già venduti. In altri casi, sempre più spesso, le macchine sono pronte ad andare all'asta ed è qui che i commercianti le acquistano.
Paolo Signori è un commerciante di macchine tessili, nasce come montatore di filature a pettine.
«Mi sono arreso. Se volevo lavorare dovevo anche commerciare», racconta. «A Prato stanno chiudendo 12-13 filatura all'anno. Per quel che mi riguarda ho sempre cercato di evitare di vendere in Cina, dove ci fanno concorrenza, preferendo l'India dove fanno un po' di tutto ma prevalentemente per il loro mercato interno. Cercano macchine vecchie che paghiamo 1.500-2.000 euro. Il prezzo da ferro vecchio. Ora spesso si compra all'asta perché chi chiude fallisce o va in liquidazione perché non ha i soldi per cessare l'attività volontariamente».
Addirittura dalla Cina arrivano le telefonate ai commercianti prima della chiusura delle filature. "Chiude quest'azienda mi tratta le macchine?", chiedono dall'altro capo del mondo informatissimi dal tam tam di voci tra gli addetti ai lavori.
Anche per Angiolino Bessi il commerciante è l'unico lavoro rimasto. «Purtroppo non si può fare altro. E a settembre ne vedremo delle belle. In tanti non riapriranno. E in Cina stanno pian piano migliorando la qualità».

(06 luglio 2009)