martedì 15 settembre 2009

Il movimento contoterzisti chiede l'elemosina per protesta

Distretto Tessile Pratese, 15 Luglio 2009



Alla Cortese Att.ne
S.E. Prefetto Eleonora Maffei
Per conoscenza
Questore e
Comandante Provinciale Carabinieri




All’indomani della decisione presa di spostare l’incontro, tra componenti il tavolo Distretto Pratese e Ministero dello Sviluppo Economico, dal 10 settembre al 1 ottobre p.v., non consideriamo ammissibile e concepibile che dal 28 febbraio ad oggi non siano state trovate delle soluzioni per una situazione (quella pratese) che è tra le peggiori in Italia per quanto riguarda il contesto sociale, economico, finanziario e produttivo.
Vogliamo mettere a conoscenza che la mattina di venerdì prossimo 18 settembre, dalle ore 8.00 (circa) alle ore 13.30, andremo a chiedere elemosina all’incrocio tra via Cava, via Allende, via XVI Aprile sulla Tangenziale, zona Tobbiana/S. Giusto, il ricavato andrà a favore di chi, in questo momento, si trova in gravi difficoltà, noi non possiamo contare su nessun ammortizzatore sociale.
La scelta di questo sito ci sembra significativa dal momento che, da materiale che siamo riusciti a ritrovare, è stato ed è tuttora luogo di redditizio accattonaggio permanente.

Già da tempo cerchiamo di attirare l’attenzione sulle angoscie che stanno vivendo migliaia di persone che stanno combattendo ogni giorno per sopravvivere, per noi queste sono ingiustizie sociali che non possiamo più tollerare.

Quello che vogliamo è:
- Che la parte legale, quella onesta, quella MADE in PRATO, sia riconosciuta ZONA FRANCA, abbiamo bisogno di ritrovare quel po’ di lavoro che ci consenta di sopravvivere. NON VOGLIAMO diventare parassiti della società.
- Combattiamo affinché sia annientato lo sfruttamento, grave violazione ai diritti umani. E’ inammissibile che nel nostro territorio nessuno denunci e combatta per queste persone, aiutare i cittadini italiani e stranieri entrati a far parte della “SCHIAVITU’ MODERNA” è un nostro DOVERE.
- Combattiamo chi vuole fare di questo territorio “terra bruciata”.

Certi di un assenso positivo, porgiamo i nostri più distinti saluti.



MovimentoContoTerzisti

martedì 8 settembre 2009

Tessile in sofferenza "A rischio 80 mila posti"

Tessile in sofferenza
"A rischio 80 mila posti"



A Milano Unica, il salone del settore, il 25% di stand in meno
SUSANNA MARZOLLA
MILANO
L’idea di punta è «On stage», passerella dei migliori dieci «stilisti emergenti» a livello internazionale: una spruzzata di novità per non pensare troppo alla crisi del settore. Ma anche a Milano Unica, il salone del tessile che si apre oggi - presente Silvio Berlusconi - i numeri sono crudeli: 486 espositori (382 italiani e 98 da altri paesi europei) con un calo del 25 per cento. E anche se la diminuzione si è attenuata tra l’esposizione di febbraio e l’odierna («solo» un meno 10%) basta girarsi intorno nella regione ospitante per capire cosa sta succedendo. «Ventotto aziende chiuse, 749 in crisi, oltre 29mila lavoratori in cassa integrazione e mobilità»: questi i dati snocciolati dalla Femca-Cisl della Lombardia. Che, più nel dettaglio, specifica: «Il 70% per cento dei lavoratori in cassa è attualmente sospeso dall’incarico. I territori più colpiti sono Como (6.600 lavoratori sospesi), Varese (2.700), Bergamo (1.600)». Cioè i distretti della seta, oppure la Val Seriana chiamata un tempo «la valle dell’oro» per il valore dei suoi filati e soprannominata adesso, da chi ci vive, «la valle dell’orfano» per il lavoro che si è perduto.

Difficile allora stupirsi di quel quarto di aziende «scomparse» dalla Fiera di Milano. Quelle stesse aziende - prevalentemente piccole, di nicchia - che sono scomparse o rischiano di scomparire del tutto, non solo da una rassegna. Lo spiegano gli stessi organizzatori di «Milano Unica»: «I grossi marchi ci sono tutti, ma per altri produttori è molto più difficile. La crisi li costringe a risparmiare al massimo; e la partecipazione a una fiera costa. Così rinunciano del tutto, oppure scelgono quella che sembra più interessante per il loro mercato». E’ successo così per i produttori di Prato, ad esempio (dalla Toscana a Milano sono arrivati in tutto soltanto 53 espositori): hanno organizzato una Fiera locale e poi hanno scelto Parigi, sperando che sia una vetrina più proficua. C’è bisogno di “tirarsi su” visto che nel 2008 il 72% delle aziende pratesi ha visto una diminuzione del proprio fatturato, per qualcuna accettabile, per altre drammatica con pesanti ripercussioni occupazionali.

Da qualsiasi lato lo si guardi, il settore tessile fornisce numeri impietosi. Il centro studi di Sistema moda Italia (Smi), la federazione delle aziende tessili e abbigliamento, ha analizzato il settore filati: nel 2008 il fatturato è calato del 10%, la produzione del 13% e l’export del 17%; nel primo trimestre di quest’anno è andata anche peggio: il fatturato dà un meno 22%. Il settore abbigliamento è andato un po’ meglio nel 2008 (meno 3% il fatturato), ma quest’anno si è allineato al ribasso: meno 15%. Visto dalla parte dei lavoratori Valeria Fedeli, segretaria nazionale della Filtea-Cgil la sintetizza così: «Quest’anno rischiano il posto 60-80 mila addetti». Cioè quasi il dieci per cento delle 750mila persone che nel nostro paese si occupano di filar tessuti, cucire vestiti, lavorar la pelle. E spiega che a essere colpite saranno sopratutto «quelle centinaia di aziende, medie o piccole, contoterziste». Cioè quelle che vengono impiegate dai grandi marchi per lavorazioni spesso di altissima qualità: «In sostanza - dice Fedeli - l’ossatura della filiera del made in Italy».

La dirigente sindacale ricorda come il tessile sia, dopo la meccanica, la seconda industria manifatturiera del nostro paese, che dà un impulso senza pari all’esportazione e a migliaia di attività commerciali, «ed è anche il primo acquirente dell’industria chimica». Spezzare uno o più anelli di questa catena produttiva - e con cali di fatturato che per certe aziende sono del 40-60% non è difficile - può portare a ripercussioni imprevedibili. «Vedo che a “Unica” ci sarà Berlusconi. Era ora - osserva - sono mesi che tutti noi, rappresentanti dei lavoratori e delle aziende insieme, gli chiediamo un incontro. Non ci ha mai risposto».