mercoledì 30 dicembre 2009

La vittoria di Pirro

La legge 1930 approvata in data 10 dicembre dalla Camera dei deputati viene indicata come chiarificatrice per una corretta indicazione del marchio "MADE IN ITALY".

Leggendo attentamente gli articoli 4 e 5 si capisce che questa legge non fa altro che indebolire la filiera tessile pratese e rinforzare le grandi firme.

L'art. 4 sancisce che l'impiego dell'indicazione Made in Italy è permesso esclusivamente per i prodotti che hanno avuto almeno due delle fasi di lavorazione nel territorio italiano, mentre l'art. 5 precisa che nel settore tessile per fasi di lavorazione si intendono la filatura, la tessitura, la nobilitazione (rifinizione e lavorazioni collegate) e la confezione compiute nel territorio italiano.

Questo significa che basta importare un tessuto dai paesi emergenti, rifinirlo e confezionarlo in Italia perché il capo finito rechi l'indicazione Made In Italy. Traducendo basta che un'impresa con sede e laboratori in italia, compri il tessuto in Cina, lo rifinisca e confezioni in Italia per poi rivenderlo "targato" Made in Italy.

Come al solito la classe politica è lontana anni luce dal mondo del lavoro. Attualizzando questa norma nella realtà pratese ci si accorge come la legge che porta la firma del leghista Reguzzoni con confirmatario il pratese PD Lulli finisca per favorire le aziende italo/cinesi che i leghisti di Prato additano come causa di tutti i mali del nostro distretto.

La conseguenza ancor peggiore di tale legge è che le filature, le tessiture, le tintorie che duramente resistono sul nostro territorio sono ulteriormente svantaggiate ed invitate al fallimento da questa abominevole legge. Infatti per dotarsi del “made in Italy” alle grandi firme non importerà assolutamente che queste lavorazioni avvengano in Italia, ma basterà loro rifinire e confezionare in Italia. Il resto verrà dai paesi emergenti o dove molte ditte italiane hanno delocalizzato causando i licenziamenti a "raffica" e il ricorso alla cassa integrazione che finirà per gravare sulle nostre tasche.

Questo bel “pacco” di Natale è il massimo che i signori politici, leghisti in primis, sono riusciti a regalarci. Saranno finalmente contenti, in un solo colpo si ammazza definitivamente questa fastidiosa bestia del distretto tessile pratese. La Lega ed il PD hanno firmato la nostra condanna a morte.

Se questo è il meglio che son riusciti a fare, ma soprattutto se ci aspettiamo un aiuto da gente che del nostro lavoro non ci capisce un bel niente, c'è davvero da pensare seriamente di chiudere baracca e burattini.


Invece no! Dobbiamo smettere di lagnarci e riattivare il cervello. Non a caso Prato è diventato un esempio da studiare alle Università. Il distretto pratese ha funzionato non perché qualcuno aveva la bacchetta magica o il fazzoletto verde nel taschino, ma perché molto intelligentemente i pratesi si sono arricciati le maniche e hanno fatto rete tra di loro. Non ci dobbiamo più accontentare di produrre in rete, ma dobbiamo anche vendere in rete! Creare un marchio di qualità serio che garantisca che il prodotto è fatto da noi, ricreare i legami nella filiera e vendere i prodotti finiti.

Solo così il distretto tessile a Prato resisterà e rinascerà!


Massimo Signori 3926236424

Imprenditore

Cittadini Uniti Montemurlesi

mercoledì 25 novembre 2009

Lunedì ore 16,30 incontro importante a Montemurlo per il tessile

Venerdì 27 novembre ore 16,30 – Incontro Palazzo Novellucci (Prato) via Cairoli n.25 (Centro storico):

Incontro con la chiesa Valdese ed il vescovo di Prato Gastone Simoni.

Tema: PATTO PER L’ETICA SUL LAVORO (in allegato informativa)



Nell’incontro ci saranno delle testimonianze che metteranno in evidenza le attuali condizioni di disagio del credito del lavoro (prezzi portati allo stremo, mancati pagamenti, ed i soliti furbi che chiudono e riaprono).





Lunedì 30 novembre ore 16,30 presso Orditura Poli Paola (Giannerini) Via G. di Vittorio – Montemurlo (Zona Penny Market):

Consiglio comunale straordinario alla presenza del Sindaco di Montemurlo Mauro Lorenzini, Onorevole Andrea Lulli parlamentare PD, onorevole Riccardo Mazzoni parlamentare PDL, direttore sviluppo economico alla Regione Marco Romagnoli, presidente della Provincia di Prato Lamberto Gestri, il sindaco di Prato Roberto Cenni, il sindaco di Montale Davide Scatragli ed altri vari esponenti politici, come riportato dal quotidiano La Nazione di oggi.

Tema: PROBLEMATICHE DEL NOSTRO DISTRETTO TESSILE.

martedì 17 novembre 2009

Comunicazione Movimento Contoterzisti

Alla luce delle ultime novità che giungono dal tavolo di distretto per noi terzisti siamo ad UN NULLA DI FATTO, la cosiddetta "area urbana in crisi" (legge 99 - 181) non darà la possibilità a nessuno di noi di avere contributi o agevolazioni speciali, anzi forse solo 4 o 5 delle industrie tessili pratesi potranno accedervi.
L'incontro di giovedì prossimo 19 novembre alle ore 21 in palazzo comunale a Montemurlo dovrà, secondo il nostro umile parere, servire per imbastire un piano per la sopravvivenza di chi ancora è riuscito a resistere.
Chiediamo la collaborazione di tutti quelli a cui inviamo questa mail. FATE UN PASSAPAROLA/UN TAM-TAM
Non accettiamo che l'apatia e l'angoscia prendino il sopravvento.
GRADITA UNA RISPOSTA

MovimentoContoTerzisti

martedì 6 ottobre 2009

Sequestrato abbigliamento contraffatto a Piacenza

COMUNICATO STAMPA
UFFICIO DELLE DOGANE DI PIACENZA
SEQUESTRO DI CAPI DI ABBIGLIAMENTO CONTRAFFATTI
I funzionari dell’Ufficio delle Dogane di Piacenza, nel corso di una verifica fisica a un contenitore, hanno individuato capi d’abbigliamento, per un totale di 6.596 articoli, riportanti i marchi contraffatti di note aziende i cui titolari avevano presentato istanza di tutela. La merce era mescolata ad altri capi di abbigliamento con i marchi regolari. Il carico è posto sotto sequestro e la notizia di reato a carico dell’importatore è stata inoltrata all’Autorità Giudiziaria.

martedì 15 settembre 2009

Il movimento contoterzisti chiede l'elemosina per protesta

Distretto Tessile Pratese, 15 Luglio 2009



Alla Cortese Att.ne
S.E. Prefetto Eleonora Maffei
Per conoscenza
Questore e
Comandante Provinciale Carabinieri




All’indomani della decisione presa di spostare l’incontro, tra componenti il tavolo Distretto Pratese e Ministero dello Sviluppo Economico, dal 10 settembre al 1 ottobre p.v., non consideriamo ammissibile e concepibile che dal 28 febbraio ad oggi non siano state trovate delle soluzioni per una situazione (quella pratese) che è tra le peggiori in Italia per quanto riguarda il contesto sociale, economico, finanziario e produttivo.
Vogliamo mettere a conoscenza che la mattina di venerdì prossimo 18 settembre, dalle ore 8.00 (circa) alle ore 13.30, andremo a chiedere elemosina all’incrocio tra via Cava, via Allende, via XVI Aprile sulla Tangenziale, zona Tobbiana/S. Giusto, il ricavato andrà a favore di chi, in questo momento, si trova in gravi difficoltà, noi non possiamo contare su nessun ammortizzatore sociale.
La scelta di questo sito ci sembra significativa dal momento che, da materiale che siamo riusciti a ritrovare, è stato ed è tuttora luogo di redditizio accattonaggio permanente.

Già da tempo cerchiamo di attirare l’attenzione sulle angoscie che stanno vivendo migliaia di persone che stanno combattendo ogni giorno per sopravvivere, per noi queste sono ingiustizie sociali che non possiamo più tollerare.

Quello che vogliamo è:
- Che la parte legale, quella onesta, quella MADE in PRATO, sia riconosciuta ZONA FRANCA, abbiamo bisogno di ritrovare quel po’ di lavoro che ci consenta di sopravvivere. NON VOGLIAMO diventare parassiti della società.
- Combattiamo affinché sia annientato lo sfruttamento, grave violazione ai diritti umani. E’ inammissibile che nel nostro territorio nessuno denunci e combatta per queste persone, aiutare i cittadini italiani e stranieri entrati a far parte della “SCHIAVITU’ MODERNA” è un nostro DOVERE.
- Combattiamo chi vuole fare di questo territorio “terra bruciata”.

Certi di un assenso positivo, porgiamo i nostri più distinti saluti.



MovimentoContoTerzisti

martedì 8 settembre 2009

Tessile in sofferenza "A rischio 80 mila posti"

Tessile in sofferenza
"A rischio 80 mila posti"



A Milano Unica, il salone del settore, il 25% di stand in meno
SUSANNA MARZOLLA
MILANO
L’idea di punta è «On stage», passerella dei migliori dieci «stilisti emergenti» a livello internazionale: una spruzzata di novità per non pensare troppo alla crisi del settore. Ma anche a Milano Unica, il salone del tessile che si apre oggi - presente Silvio Berlusconi - i numeri sono crudeli: 486 espositori (382 italiani e 98 da altri paesi europei) con un calo del 25 per cento. E anche se la diminuzione si è attenuata tra l’esposizione di febbraio e l’odierna («solo» un meno 10%) basta girarsi intorno nella regione ospitante per capire cosa sta succedendo. «Ventotto aziende chiuse, 749 in crisi, oltre 29mila lavoratori in cassa integrazione e mobilità»: questi i dati snocciolati dalla Femca-Cisl della Lombardia. Che, più nel dettaglio, specifica: «Il 70% per cento dei lavoratori in cassa è attualmente sospeso dall’incarico. I territori più colpiti sono Como (6.600 lavoratori sospesi), Varese (2.700), Bergamo (1.600)». Cioè i distretti della seta, oppure la Val Seriana chiamata un tempo «la valle dell’oro» per il valore dei suoi filati e soprannominata adesso, da chi ci vive, «la valle dell’orfano» per il lavoro che si è perduto.

Difficile allora stupirsi di quel quarto di aziende «scomparse» dalla Fiera di Milano. Quelle stesse aziende - prevalentemente piccole, di nicchia - che sono scomparse o rischiano di scomparire del tutto, non solo da una rassegna. Lo spiegano gli stessi organizzatori di «Milano Unica»: «I grossi marchi ci sono tutti, ma per altri produttori è molto più difficile. La crisi li costringe a risparmiare al massimo; e la partecipazione a una fiera costa. Così rinunciano del tutto, oppure scelgono quella che sembra più interessante per il loro mercato». E’ successo così per i produttori di Prato, ad esempio (dalla Toscana a Milano sono arrivati in tutto soltanto 53 espositori): hanno organizzato una Fiera locale e poi hanno scelto Parigi, sperando che sia una vetrina più proficua. C’è bisogno di “tirarsi su” visto che nel 2008 il 72% delle aziende pratesi ha visto una diminuzione del proprio fatturato, per qualcuna accettabile, per altre drammatica con pesanti ripercussioni occupazionali.

Da qualsiasi lato lo si guardi, il settore tessile fornisce numeri impietosi. Il centro studi di Sistema moda Italia (Smi), la federazione delle aziende tessili e abbigliamento, ha analizzato il settore filati: nel 2008 il fatturato è calato del 10%, la produzione del 13% e l’export del 17%; nel primo trimestre di quest’anno è andata anche peggio: il fatturato dà un meno 22%. Il settore abbigliamento è andato un po’ meglio nel 2008 (meno 3% il fatturato), ma quest’anno si è allineato al ribasso: meno 15%. Visto dalla parte dei lavoratori Valeria Fedeli, segretaria nazionale della Filtea-Cgil la sintetizza così: «Quest’anno rischiano il posto 60-80 mila addetti». Cioè quasi il dieci per cento delle 750mila persone che nel nostro paese si occupano di filar tessuti, cucire vestiti, lavorar la pelle. E spiega che a essere colpite saranno sopratutto «quelle centinaia di aziende, medie o piccole, contoterziste». Cioè quelle che vengono impiegate dai grandi marchi per lavorazioni spesso di altissima qualità: «In sostanza - dice Fedeli - l’ossatura della filiera del made in Italy».

La dirigente sindacale ricorda come il tessile sia, dopo la meccanica, la seconda industria manifatturiera del nostro paese, che dà un impulso senza pari all’esportazione e a migliaia di attività commerciali, «ed è anche il primo acquirente dell’industria chimica». Spezzare uno o più anelli di questa catena produttiva - e con cali di fatturato che per certe aziende sono del 40-60% non è difficile - può portare a ripercussioni imprevedibili. «Vedo che a “Unica” ci sarà Berlusconi. Era ora - osserva - sono mesi che tutti noi, rappresentanti dei lavoratori e delle aziende insieme, gli chiediamo un incontro. Non ci ha mai risposto».

lunedì 13 luglio 2009

Tessile: oltre al danno la beffa

UE: 4 mln a Spagna e Portogallo per settore tessile

BRUXELLES - La Commissione europea ha approvato le domande di assistenza ai lavoratori licenziati del settore tessile presentate da Spagna e Portogallo, per un importo rispettivamente di 3,3 milioni e di 832.800 euro, tramite il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Ora la richiesta passerà al Parlamento europeo e quindi al Consiglio, per la decisione finale.



I fondi della Ue in Spagna andranno in aiuto di 1.100 lavoratori maggiormente in difficoltà fra i 1.720 licenziati in 46 piccole e medie imprese del tessile in Catalogna. La regione spagnola negli ultimi quattro anni infatti ha visto una perdita nel settore di un terzo degli occupati, circa 14.264 posti di lavoro, a causa delle maggiori importazioni nella Ue di articoli da Paesi 'low cost' e alla delocalizzazione degli impianti di produzione al di fuori dell'Europa, specie in Cina e India.

In Portogallo invece la richiesta di assistenza riguarda i lavoratori licenziati in 49 piccole e medie imprese nelle regioni di Norte e Centro, dove si concentra il 97,8% di disoccupati del settore nel Paese. "Tutti gli angoli della Ue subiscono gli effetti della crisi attuale, che ha aggravato problemi già emergenti in diversi settori, in particolare in quello tessile" ha detto il commissario per il Lavoro, Vladimir Spidla, auspicando un rientro sul mercato dei lavoratori interessati "al più presto possibile".

lunedì 6 luglio 2009

Il tessile che "fugge da prato"

FILAN E SUPERLANA SONO GIÀ IN ORIENTE: I TECNICI LE STANNO RIMONTANDO NEL DISTRETTO DI HANGZHOU
La filiera trasloca in Cina
Da domani le macchine della filatura Filan saranno rimontate a Hangzhou, in una fabbrica del distretto tessile del sud della Cina, nello Zehijang. Quelle in funzione alla filatura di Superlana sono invece in fase di montaggio proprio in questi giorni
di Ilenia Reali

PRATO. Da domani le macchine della filatura Filan saranno rimontate a Hangzhou, in una fabbrica del distretto tessile del sud della Cina, nello Zehijang. Quelle in funzione alla filatura di Superlana sono invece in fase di montaggio proprio in questi giorni. Sono sempre di più i pezzi della storia di Prato che vanno all'estero ad alimentare l'industria dei paesi asiatici e dell'Est Europa.
Qui le aziende chiudono, a un ritmo incessante. E i macchinari che hanno fatto ricca la Prato tessile vanno in Cina, in India, in Ucraina. In India ci vanno i macchinari più obsoleti, quelli degli anni Sessanta. In Cina e nei paesi dell'Est europa quelli migliori.
La variabile è infatti il prezzo. Se l'India cerca prezzi stracciati (le macchine da filatura acquistate al costo di ferro vecchio arrivano compreso viaggio e montaggio a costare anche 40.000 euro) la Cina cerca più qualità. La differenza è la tipologia di prodotto realizzata ma anche il fatto che in India ci sono squadre di ingegneri molto bravi e capaci di trasformare un rottame in una macchina perfettamente funzionante.
Una situazione che non fa piacere neppure ai commercianti di macchine tessili che sì guadagnano sul venduto ma poi perdono il mercato a Prato per quanto riguarda la manutenzione e la gestione degli impianti. Altre macchine sono già pronte per essere imbarcate e arrivare in Asia. Tante filature non riapriranno a settembre e in molti casi i macchinari sono già venduti. In altri casi, sempre più spesso, le macchine sono pronte ad andare all'asta ed è qui che i commercianti le acquistano.
Paolo Signori è un commerciante di macchine tessili, nasce come montatore di filature a pettine.
«Mi sono arreso. Se volevo lavorare dovevo anche commerciare», racconta. «A Prato stanno chiudendo 12-13 filatura all'anno. Per quel che mi riguarda ho sempre cercato di evitare di vendere in Cina, dove ci fanno concorrenza, preferendo l'India dove fanno un po' di tutto ma prevalentemente per il loro mercato interno. Cercano macchine vecchie che paghiamo 1.500-2.000 euro. Il prezzo da ferro vecchio. Ora spesso si compra all'asta perché chi chiude fallisce o va in liquidazione perché non ha i soldi per cessare l'attività volontariamente».
Addirittura dalla Cina arrivano le telefonate ai commercianti prima della chiusura delle filature. "Chiude quest'azienda mi tratta le macchine?", chiedono dall'altro capo del mondo informatissimi dal tam tam di voci tra gli addetti ai lavori.
Anche per Angiolino Bessi il commerciante è l'unico lavoro rimasto. «Purtroppo non si può fare altro. E a settembre ne vedremo delle belle. In tanti non riapriranno. E in Cina stanno pian piano migliorando la qualità».

(06 luglio 2009)

martedì 26 maggio 2009

Cassa integrazione per 102 dipendenti in tre aziende del gruppo Flowers

Firmati questa mattina, martedì 26 maggio, in Provincia tre accordi per la Cassa integrazione straordinaria in altrettante aziende del gruppo Flowers di Montemurlo, attivo nel settore del controllo qualità tessuti. Gli accordi prevedono l’attivazione della cigs per crisi per tutto l’organico delle tre imprese, ma in questo modo l’azienda cerca di superare il difficile momento di crisi senza dichiarare esuberi e operare licenziamenti. Inoltre, sarà attuato un programma di formazione (per il quale la Provincia mette a disposizione i suoi voucher) che ha come scopo il rafforzamento delle competenze professionali delle dipendenti (quasi tutte donne) e il potenziamento dell’azienda. In qualche modo un esempio virtuoso di come trasformare la crisi in opportunità per crescere. Gli accordi riguardano la Textile Service srl per un numero massimo di 27 dipendenti, il Gruppo Tessile Flowers Controllo tessile srl per un numeo massimo di 41 dipendenti e la GTF Quality Control srl per un numero massimo di 34 lavoratori. Complessivamente si tratta dunque di 102 persone interessate da riduzione di orario e/o sospesi a zero ore. Tutte le aziende presenteranno istanza di cigs per crisi aziendale a decorrere dal 27 maggio 2009 e per la durata di 12 mesi.

-21,4 la produzione in Piemonte

Salviamo il tessile su facebook

CRISI: NEL PRIMO TRIMESTRE IN PIEMONTE PRODUZIONE - 21, 4%
Secondo l'indagine congiunturale realizzata da Unioncamere
(ANSA) - TORINO, 25 MAG - Per il Piemonte il 2009 si e' aperto con il peggior risultato degli ultimi anni: un calo di produzione nel primo trimestre del 21,4%. In linea con il dato nazionale (-21,7%). Automotive, metalmeccanica e tessile- abbigliamento sono i protagonisti della crisi del tessuto manifatturiero piemontese. Emerge dall'Indagine congiunturale sull'industria manifatturiera, realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli uffici studi delle Camere di commercio provinciali. (ANSA).

martedì 19 maggio 2009

Salviamo il tessile serata a Montemurlo

Lo Scec a Montemurlo


Progetto Scec
Un salvagente verso un’economia sostenibile a Montemurlo
Domenica 24 Maggio ore 20,30
Piazza della Libertà
MONTEMURLO
Interverrà
Paolo Tintori
Presidente Arcipelago Toscana
Massimo Signori
Imprenditore tessile
Enrico Mungai
Candidato sindaco Montemurlo a 5 stelle


ArcipelagoŠCEC è un’associazione APARTITICA e non può appoggiare questa o quella parte politica ma collabora con tutte le persone interessate al progetto. Il motivo di questo è intuibile nel fatto che la Šolidarietà non ha colore politico, è per tutti gli abitanti di una comunità di qualunque età, nazionalità, razza essi siano, nessuno escluso.

lunedì 11 maggio 2009

Prodotto in Cina quindi Made in Italy

ANCHE SE PRODOTTO IN CINA RESTA MADE IN ITALY. SCONCERTANTE DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Per la Suprema Corte è importante non il luogo di produzione ma l'identificazione del produttore. Quindi un’impresa che apponga la dicitura “Italia” e il tricolore su un manufatto realizzato in qualsiasi altro Paese non commette alcun illecito. Distrutto il lavoro di anni

di Alberto Grimelli

Le aziende italiane possono delocalizzare la produzione in Cina e altri Paesi applicando poi la dicitura “Italy” e il tricolore.
Per la Cassazione, ciò non viola la normativa della Finanziaria 2004 a tutela del “Made in Italy” perchè ciò che rileva non è il luogo di produzione del manufatto ma l'identificazione del produttore e la riconducibilità del prodotto all'azienda.
La decisione arriva in seguito al sequestro, da parte della polizia alla dogana di Napoli, di un lotto di tute, magliette e pantaloncini marcati “Italy” ma prodotti in Cina da un'impresa italiana, che secondo la polizia avrebbe così violato la normativa a tutela del prodotto nazionale.

La pronuncia della Cassazione (n. 3352/2005) ha fatto parlare di allentamento dei vincoli soprattutto per quanto riguarda la tutela dell'origine, concetto per la Suprema corte più ampio di quello di semplice provenienza che pure era stato tutelato penalmente dopo l'approvazione della Finanziaria 2004.

Vi sono poi le perplessità, espresse anche dall’Agenzia delle dogane, sul fatto che le norme puniscono anche “la fallace indicazione” di origine consistente in segni, simboli, figure che possano indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana. La norma è poco chiara perché c’è una grande varietà di situazioni concrete che comportano una analisi interpretativa dell’intenzione di spacciare per italiano un prodotto che non lo è.

Vero è che il legislatore non è perfetto, nè lo sono le leggi. Sono assolutamente migliorabili e perfezionabili.
Esatto che le norme lasciano ampi margini interpretativi, che speculatori e falsificatori hanno molte possibilità di aggirare i paletti e i vincoli posti dai regolamenti.
Uno dei compiti più rilevanti delle Autorità di controllo, come pure della magistratura, è proprio interpretare la volontà del parlamento, che, almeno in questo caso, è estremamente chiara.
Con la Finanziaria 2004 si intendeva proteggere, con un marchio di qualità, la produzione nazionale, che gode di prestigio su tutti i mercati internazionali per la cura e l’attenzione con cui è realizzata. L’Italia non è solo design, innovazione, creatività. È anche fabbriche e laboratori. Vi sono migliaia di operai, il cui lavoro va salvaguardato.
Ormai ho rinunciato da tempo a cercare di comprendere i percorsi mentali e i pensieri dell’autorità giudicante. Ciò che posso affermare è che la Cassazione ha interpretato fin troppo fiscalmente ed in maniera pignola la legge sul “Made in Italy”.

Ora, per disinnescare la portata potenzialmente eversiva della sentenza, il decreto sulla competitività dovrà intervenire per chiarire che la portata della tutela penale del “Made in Italy” deve essere allargata sino a tenere conto sia del luogo di produzione dei prodotti (concetto di origine), sia del produttore (concetto di provenienza).
di Alberto Grimelli
30 Aprile 2005 TN 17 Anno 3

martedì 5 maggio 2009

Cosa si nasconde dietro il made in Italy?

pubblico dal blog http://robinhood.it/madeinitaly/

un articolo interessante

“Anno zero” di Santoro ha messo in luce attraverso un report che ha ricevuto grossi complimenti dai presenti in studio, una realtà choc: quella di Prato, importante distretto tessile dove un’impresa su otto è controllata dai cinesi.
Naturalmente si tratta di realtà, quella di Prato come tante altre, che si vivono ormai nel nostro paese tutti i giorni, senza quindi nemmeno il bisogno di apprenderne i particolari attraverso la televisione, la quale fa comunque bene a riproporle come richiamo.
Una recente statistica elaborata da Il Sole 24 ha fornito alcuni dati sul fenomeno: le aziende che fanno capo ad imprenditori cinesi rappresentano il 12,5% del totale (un’azienda su otto parla cinese). Hanno un turnover del 60% contro il 15,7% delle italiane. Il giro d’affari è di 1,8 miliardi di cui un miliardo realizzato in nero. L’export rappresenta il 70% del fatturato.
I cinesi comprano i tessuti prevalentemente dalla Cina (quelli italiani sarebbero costosi) e hanno ormai un’organizzazione autonoma in quanto a trasporti e logistica. Il dato che colpisce maggiormente è il costo del lavoro per unità di prodotto, pari per le aziende cinesi al 42,7% contro il 73,2% del distretto tessile ufficiale. Il 46% dei contratti di lavoro dura nelle imprese cinesi meno di sei mesi. La chiusura di un’azienda è preceduta dalle dimissioni dei dipendenti. Meglio non parlare delle condizioni – anche igienico sanitarie –in cui i cinesi espletano il lavoro in fabbrica per ben sedici ore al giorno.
Grossa, come innanzi detto, l’evasione delle tasse (quella suii rifiuti raggiunge l’80%): un paradiso fiscale.
Il distretto tessile cinese non ha alcun punto di contatto con il distretto tessile pratese; d’altronde è molto difficile la coesistenza tra chi lotta giorno per giorno per non perdere punti di competitività e chi infrange tutte le regole e grazie a questo si arricchisce e continua ad espandersi nel nostro paese.
Il segreto di questa economia si basa quindi sul minore costo rispetto ai lavoratori italiani con una produttività migliore che in Cina, basata sul mancato rispetto delle regole. Il fenomeno sta proprio in questi aspetti: moda economica con la quale vengono inondati i mercati ispirandosi ai modelli delle grande sfilate, con l’aiuto di disegnatori italiani che garantiscono il gusto e l’esperienza necessari.
La prima domanda che ci si pone è la seguente: dove sono finiti i controlli? I cinesi, il cui insediamento nel nostro paese è incominciato negli anni 90, potrebbero pur concorrere allo sviluppo del nostro paese, rappresentando quindi un’opportunità e non un problema, a condizione che rispettino però le regole.
Un recente blitz dei carabinieri di Prato del 24 marzo scorso ha portato all’arresto di quattro imprenditori cinesi con le accuse di immigrazione clandestina e sfruttamento di manodopera straniera irregolare. Gli stessi sono stati anche denunciati per violazioni urbanistiche avendo creato numerose infrastrutture all’interno degli opifici.
La speranza – sarebbe tuttavia anche un diritto, soprattutto dei seri imprenditori italiani – è che il blitz non rimanga un fatto isolato è che le istituzioni incomincino ad eseguire finalmente gli auspicati controlli delle cennate illegali realtà, contribuendo quindi al rilancio del vero made in Italy, quello “by italian people”.

martedì 21 aprile 2009

Tessile e Ambiente

Il distretto tessile pratese tra presente e futuro sostenibile (1)
di Renato Cecchi

FIRENZE. La società locale del distretto tessile pratese lotta per avere un futuro. La crisi, evidente da diversi anni, si è aggravata con il crollo della domanda mondiale. Già nel 2008 l´artigianato toscano del tessile registrò -7,7% del fatturato. Ma è l’export che dà gli esiti più negativi (Unioncamere e Unione Industriale pratese): la Provincia di Prato registra -9,0%. Cala anche il numero di addetti alle imprese artigiane, - 2,2% rispetto al 2007. Le previsioni sul fatturato per il I semestre 2009 sono pessime: il saldo tra più e meno passa dal -9% del I semestre 2008 al -33% del I semestre 2009.

Nel IV trimestre 2008 l´export manifatturiero perde il 10,9% (sul IV trimestre 2007), - 6,9% su base annua; anche la meccanica registra -8,5%. Questi i dati provinciali, quelli del distretto sono anche peggio: il tessile (2008 su 2007) perde il 12,3%, tessuti trama-ordito (-14,4%), filati (-2,3%), altri tipi di tessuti (-11,4%). Se questo è lo stato quantitativo delle cose il distretto industriale pratese non può che trovare risposte sul terreno della qualità di ciò che produce e come.

Lo sviluppo qualitativo di un territorio industriale (come ebbe a dire anni fa il professor Giacomo Becattini sul rapporto economia lavoro ambiente e autore, tra l’altro, in epoche non sospette, del saggio “Per un capitalismo dal volto umano” sottotitolo significativo “Critica dell’economia apolitica”, Torino 2004) significa sostanzialmente tre cose: rimanere innovativi sui mercati mondiali, condizioni di vita individuale e associata gradevoli su tutto il territorio, mantenere un ambiente storico-naturale capace di assorbire l’impatto dei processi produttivi senza scaricarli su
altri.

Ciò presuppone un’economia e un modello economico-sociale sostenibili, ove il binomio economico-sociale rispecchia valori e preferenze della società e la sostenibilità fornisce informazioni di natura prevalentemente ecologica: in buona sostanza il sistema sarà sostenibile se in grado di mantenere nel tempo la sua struttura organizzativa a fronte della scarsità delle risorse e delle perturbazioni esterne, mentre una economia può dirsi sostenibile se non compromette la capacità dell’ecosistema di cui fa parte e realizza prodotti (che incorporino sempre più “conoscenza” e comportamenti equilibrati tra impiego di fondi – capitale, lavoro, terra ricardiana – e impiego di flussi – risorse naturali, biodiversità, biosfera, ecc. – e meno materia-energia) senza depauperarsi né scaricare su altri, vicini o lontani, le conseguenze dell’attività, trasformativa. Cambiare, infine, il modello di consumo.

Ma c’è un problema: senza democrazia e rispetto delle regole Costituzionali non si dà la possibilità dello sviluppo sostenibile. In Italia la cosa si fa difficile, avendo scelto gli italiani una maggioranza politica “ademocratica” e un “capo” animato da pulsioni populiste e autoritarie oltre ad essere da sempre fortemente legato alla rendita immobiliare e finanziaria, monopolistica nelle comunicazioni, ecc.

FIRENZE. Nonostante il grave handicap nazionale costituito da un governo la cui capacità è costituita dalla finzione mediatica e dalla “corruzione” profonda, ancorché condivisa, dell’animo dei “sudditi”, la società locale pratese potrebbe avere in sé i numeri per provarci: non sarebbe neanche la prima volta. Tutto sembra remare contro, dalla crisi finanziaria e del sistema finanziario, dalla concorrenza da costi, dal tracollo della domanda, dall’assenza di una risposta unitaria alla crisi da parte dell’Ue che va in ordine sparso alla tenzone internazionale, annichilita dai propri totem neoliberisti che hanno fatto dei salari e dell’inflazione, del patto di stabilità a scapito della domanda veri e propri spauracchi mettendola, di colpo, in una posizione di retroguardia rispetto alle novità che vengono dagli Usa, ma anche dalla Cina.

Così, la sfida fondamentale che la società locale pratese si trova a dover affrontare, nelle peggiori condizioni possibili, pari solo a quelle della ricostruzione del secondo dopoguerra (dalla quale la differenzia però l’attuale mancanza di speranza nel futuro che l’idea stessa di ricostruzione, rinascita, portava con sé), riguarda in primo luogo quale tipo di economia, di sviluppo sociale e qualità ambientale essa voglia per i propri cittadini; in secondo luogo come affrontare, per vincere, la sfida della modernizzazione sociale imposta dal tracollo del liberismo, o meglio, dei sistemi economici a liberalizzazione forzata dei mercati, soprattutto finanziari, delle strutture sociali e dei sistemi di welfare, delle tutele ambientali e della salute (compresa quella alimentare), tenendo presente che, ovviamente, tra le due questioni esiste una stretta correlazione.

Una strategia valida può essere la scelta della qualità, cioè il cambiamento qualitativo: dell’ambiente, del lavoro, del sociale e dell’economia locale. Le ragioni di questa scelta stanno, da una parte, nel riferimento alla qualità della vita in regioni come la Toscana e, dall’altra, nella caducità del concetto di sviluppo e l’illusorietà di quello di crescita.

Il cambiamento qualitativo ha, invece, come paradigma l’abbandono del razionalismo economico basato sulla pulsione egoistica individuale, in quanto è essa che spinge l’economia alla crescita continua della produzione e dei consumi.

Perciò, l’individuazione di nuove basi per l’economia, propone un approccio trans-disciplinare al problema, confrontando la dimensione economica e sociale con quella biologica ed ecologica senza ridurre la dimensione ecologica a quell’economica, previo il chiarimento che Sviluppo Sostenibile consiste in una strategia di tipo economico, sociale e ambientale che fa dell’integrazione delle singole politiche l’asse fondamentale (in una visione sistemica che comporta l’esistenza di meccanismi d’autocorrezione o retroazione); ciò ne costituisce, indiscutibilmente, anche l’aspetto più valido.

giovedì 9 aprile 2009

Sequestrata azienda abusiva tessile a Brescia

Ecco la fabbrica dei cinesi. AbusivaIN VIA SAN ZENO. Una trentina di asiatici, per la metà irregolari, costretti a lavorare giorno e notte per produrre abbigliamento per conosciute aziende

gruppo "salviamo il tessile" su facebook


Si tratta del laboratorio più grande scoperto finora in città Rolfi: «Troppi clandestini. Necessario un centro a Brescia» 08/04/2009 e-mail print
A Una panoramica del laboratorio tessile scoperto ieri mattina alla periferia sud di Brescia dalla polizia locale. All’interno, adulti (clandestini), ma anche due bambini FOTOLIVE Brescia. Vivono come topi uno accanto all'altro, facendo a gara a chi lavora di più. A chi regge più ore davanti a una macchina per cucire che sforna uno dopo l'altro pantaloni e camicie.
Il settore notte è a pochi metri dal laboratorio, dove i polverosi e rumorosi macchinari rimangono attivi 24 ore su 24 e dove la luce non si spegne mai. Camerette alla buona. Materassi per terra, cartoni come mobili. Ci si fa da mangiare usando fornellini da campeggio o fornelli legati a bombole del gas, con tubature di fortuna. L'intimità? É garantita da pareti in cartone che fungono da divisorie. In pochi metri vivono a decine e si alternano al lavoro. Schiavi del terzo millennio. Lavoratori invisibili, perché clandestini che spesso nessuno vede o preferisce non vedere. Sono cinesi, lavorano per ditte italiane a pochi euro all'ora.
IERI MATTINA quattordici agenti della polizia locale, guidati dal comandante Roberto Novelli hanno fatto irruzione in via San Zeno 234, a poca distanza dal termoutilizzatore. Un laboratorio gestito da un cinese. Attivo da tempo, troppo tempo, ma nessuno se ne è mai accorto o lo ha segnalato. Tutto attorno telecamere per individuare estranei. In caso di allarme sarebbero stati nascosti i clandestini, più della metà degli operai presenti ieri.
IL BLITZ è riuscito. I vigili hanno trovato 24 cinesi nel capannone, ma molti di più - stando ai posti letto e alle macchine per cucire - lo utilizzavano. Tra i cinesi anche due bambini, figli di operai. Quattordici i cinesi irregolari; per loro scatterà l'espulsione, che molto probabilmente resterà sulla carta: rimarranno in Italia da clandestini e troveranno lavoro in un altro capannone tessile. La mafia cinese, ben radicata anche a Brescia, ha in mano il mercato della mano d'opera e tiene i contatti con chi ha bisogno di prodotti finiti, fatti bene e a buon mercato. Il titolare, un cinese residente ad Ascoli, in regola con i permessi, è stato denunciato per sfruttamento della mano d'opera clandestina.
Il capannone è stato sigillato; ora si cerca il proprietario, un bresciano che si trova a Santo Domingo. Non si era accorto di nulla, ma pare che il contratto d'affitto non sia in regola. L'uomo rischia la confisca dello stabile, come vuole la legge.
ANCHE FABIO ROLFI, a nome dell'Amministrazione comunale, ieri mattina era in via San Zeno. «Un ottimo intervento della polizia locale che ha sviluppato una segnalazione dei cittadini - ha affermato -. È stato scoperto il più grande laboratorio attivo a Brescia. Accertamenti sono in corso per stabilire le responsabilità e sapere per chi lavoravano questi cinesi». Sono state trovate diverse etichette di varie marche. Da accertare se si tratti di lavoro per conto terzi o di griffes false. Certo è che il businness legato ai capannoni tessili cinesi è ingente anche in tempi di crisi. Il vicesindaco Fabio Rolfi ha aggiunto che «massima è l'attenzione alle istanze dei cittadini» e «c'è volontà di perseguire con fermezza e determinazione ogni forma di supporto alla clandestinità e sfruttamento della medesima».
Alla domanda su che fine faranno i cinesi clandestini, Rolfi ha risposto: «Chi potrà essere espulso lo sarà. Per risolvere il problema dell'illegalità e della clandestinità serve con urgenza a Brescia un centro di accoglienza. Lo faremo», ha detto. Aggiungendo: «Non fatemi anticipare altro».




Franco Mondini

martedì 7 aprile 2009

Niente aiuti per Prato

gruppo facebook Salviamo il tessile
Il grido d'aiuto lanciato dal tessile di Prato con la grande manifestazione del 28 febbraio scorso ottomila persone in strada sotto uno striscione lungo un chilometro con lo slogan «Prato non deve chiudere» – è servito ad attirare l'attenzione del governo nazionale e regionale e dei media. Ora il distretto diventato il simbolo del rischio di deindustrializzazione del Paese chiede alla politica di fare in fretta, perché la crisi si sta aggravando. «In queste due settimane di tavoli se ne sono aperti molti – sottolinea Riccardo Marini, presidente dell'Unione industriale pratese – ma per concretizzare le nostre richieste c'è ancora strada da fare. Intanto le aziende soffrono ogni giorno di più».

I primi dati sul 2009 sono allarmanti. Gli ordini scarseggiano e la chiusura delle aziende accelera. Tra gennaio e febbraio sono finiti in mobilità 539 lavoratori (+24,4% sullo stesso periodo 2008). Nel solo mese di febbraio le ore di cassa integrazione autorizzate dall'Inps sono aumentate del 368% per quella ordinaria (22mila ore in più rispetto a febbraio 2008) e del 225% per quella straordinaria (75mila ore in più). Prato attende con apprensione la ripartizione dei soldi per gli ammortizzatori sociali stanziati dal Governo (10 milioni assegnati per ora alla Toscana), che dovrebbero tamponare l'emergenza occupazione.

«Quei soldi sono un segnale positivo ma non sufficiente – dice il presidente della Provincia di Prato, Massimo Logli, coordinatore del tavolo di distretto a cui siedono istituzioni, categorie economiche e forze sociali –. C'è bisogno di maggiori risorse, così come è necessario sciogliere al più presto il nodo, tuttora irrisolto, dell'accesso al credito, che è fondamentale per salvare le aziende e resta l'altro obiettivo della nostra mobilitazione collettiva».

Il fondo di garanzia creato dalla Regione (vedi articolo sotto) soddisfa parzialmente il distretto di Prato. «Quei fondi sono di difficile accesso per le imprese, serve un provvedimento statale che permetta di superare i rigidi vincoli di Basilea 2», sostiene Logli. «E occorre trovare il modo per lasciare all'interno delle aziende la liquidità necessaria per superare questa fase di crisi, posticipando i pagamenti al governo nazionale e regionale», rincara la dose Marini, che nelle settimane scorse ha proposto la sospensione del versamento dell'Irap, e che due giorni fa ha chiesto sostegno alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nella battaglia a difesa delle Pmi.
La lunga crisi del tessile – che dal 2001 al 2008 a Prato ha spazzato via duemila imprese e 10mila posti di lavoro, con la perdita di 1,5 miliardi di fatturato, di cui oltre un miliardo all'export – senza interventi immediati rischia di dare il colpo mortale a uno dei distretti industriali più importanti d'Europa. «Il pericolo è di veder sparire anelli della filiera tessile fondamentali per la moda made in Italy – aggiunge Marini – per questo bisogna intervenire in fretta e non basta il credito ordinario: serve il consolidamento del debito e, soprattutto, occorre mantenere la liquidità nelle aziende».
Le richieste saranno ribadite oggi al ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi, a Prato per incontrare il tavolo di distretto, e il prossimo 25 marzo nell'audizione con la commissione Attività produttive della Camera. «L'attenzione del Governo è un grande risultato ottenuto insieme, per la prima volta, dalle istituzioni e dalle forze economiche e sociali della città – dice Logli – ora bisogna passare ai fatti. Ci conforta che molte delle nostre richieste siano uguali a quelle avanzate a livello nazionale da Confindustria e sindacati».

La battaglia per salvare il tessile ha perfino messo in secondo piano l'altra grande battaglia che Prato dice di voler giocare con Roma: quella per debellare la dilagante illegalità delle 4.000 aziende cinesi (+12% nel 2008), che in pochi anni hanno creato un distretto "parallelo" con un giro d'affari di due miliardi di euro.

18 marzo 2009

mercoledì 1 aprile 2009

Differenza fra Grande Debito e Piccolo Debito

Gruppo salviamo il tessile su facebook

Da alcuni anni assistiamo in Italia ad un generale impoverimento (indebitamento) delle aziende e se per ragioni “politiche” le grandi aziende sopravvivono, per le piccole aziende la cosa si fa molto seria.

La grande azienda in difficoltà avendo un grande debito nei confronti delle banche aggiusta, consigliata dai commercialisti in accordo con le banche, il problema nella seguente maniera:

a) Congela il debito contratto verso i fornitori che di norma sono chirografari, li convince pagando le nuove commesse in maniera che ci sia una continuità di forniture e non interrompere il processo produttivo
b) Cerca un finanziamento verso istituti bancari che essendo debitori della stessa lo concedono in cambio di garanzie personali da parte dei soci , amministratori e chi è disposto a concedere garanzia (avallo).

La piccola azienda avendo un debito piccolo nei confronti delle banche per lo piu’ garantito da beni personali tramite le fideiussioni,se si trova anche in momentanea difficoltà, non potendo “rientrare” viene fatta chiudere .

Ovviamente dal punto di vista politico Grossa Azienda = tanti dipendenti , equazione che fa pendere, anche in questo caso , la bilancia da una parte.

Dal 1990 sono stato in contatto con centinaia di aziende tessili e mai come oggi la crisi è palpabile.

Ovviamente quello che sto per descrivere ricalca quello che è successo a Prato, ma sono certo, con le dovute differenze, è riscontrabile anche in altre piccole imprese.



NOTIZIA DEL GIORNOBERGAMO, martedì 31 marzo 2009



Blitz dei Carabinieri in un laboratorio tessile cinese a Grumello del Monte, in provincia di
Bergamo. All’interno dello stabilimento i militari hanno sorpreso sei immigrati cinesi irregolari che, dopo il lavoro, mangiavano e dormivano nell’azienda, in un locale adibito ad abitazione, con un tinello e dei giacigli di fortuna. Tre di loro sono stati arrestati poiche’ gia’ destinatari di un precedente decreto di espulsione. Sono una donna di 44 anni e
due uomini di 29 e 43 anni. Il titolare del laboratorio, un cinese di 33 anni residente a Castelli Calepio, e’ stato denunciato in stato di liberta’ per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della manodopera clandestina. Lo stabilimento e’ stato sequestrato.



Maria Emma Galbassini

lunedì 30 marzo 2009

Crisi tessile in Basilicata

Salviamo il tessile su facebook : http://www.facebook.com/group.php?

Settimana cruciale per il futuro del settore tessile nel Sannio. Domani pomeriggio a Napoli il presidente della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, incontrerà l’assessore regionale al Lavoro, Corrado Gabriele, per discutere sulla cassa integrazione per i lavoratori di Airola e San Marco dei Cavoti. Mercoledì 1° aprile a Roma, invece, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, sono stati convocati gli attori e i soggetti istituzionali del comparto tessile della provincia di Benevento per un incontro sul Contratto d’area di Airola sottoscritto nel 1999.

“La Provincia di Benevento - affermato il presidente Cimitile - sostiene con molta convinzione e la più ampia solidarietà la lotta dei lavoratori del comparto tessile sannita per la rilevanza eccezionale del problema sociale che la crisi produttiva attuale innesca nel corpo civile e che peraltro supera anche i confini territoriali amministrativi.

La gravità in cui versa il comparto tessile sannita, in questi mesi, ha mobilitato le Istituzioni locali, la Regione e il Governo centrale per la ricerca di soluzioni strategiche alla caduta delle commesse e per la mobilitazione degli ammortizzatori sociali: la Provincia di Benevento è stata in prima linea in questa vicenda offrendo il proprio contributo di idee istituendo il Tavolo inter-istituzionale.

L’augurio che formuliamo è quello che da questa due giorni di incontri, e cioè dalla sinergia con Regione e Ministero dell’Economia, possano emergere elementi per una visione di prospettiva che consente sia la salvaguardia dei posti di lavoro che lo sviluppo”.

Salviamo il tessile su facebook : http://www.facebook.com/group.php?gid=90584155280

commenti:
Le famose 4000 aziende cinesi che hanno fatto saltare in aria tutto il pronto moda di "TAVOLA" è basato su una grossa percentuale di sfruttamento del lavoro di chi per "fame" è costretto a traferirsi a Prato in cerca di un futuro migliore.

Un cinese arriva illegalmente a Prato e cerca il riscatto come puo' , in molti casi coincide nel farsi sfruttare da un altro cinese e poi si vedrà.

Ma di chi è la colpa del Cinese o di chi permette che questo sistema esista?

La colpa è da ricercare fra chi non ha vigilato e chi ha chiuso un occhio , per certo la Politica Pratese ha grosse colpe.

Non se ne deve fare una lotto razziale ma una lotta per la legalità!
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Post n. 2
Sandra Mazzatosta ha scrittoil 25 marzo 2009 alle 23.43
Io sono una rammendina di rifinizione da 20 anni circa,presumibilmente e auspicacemente in cassa integrazione ,ho lavorato per tutti questi anni al lanificio fedora dopo un 'estenuante e snervante trattativa ci hanno liquidato a questo impietoso destino,ma a parte questo,non credo che dobbiamo dare la colpa ai cinesi,in fondo loro hanno trovato aperte tutte le porte,di questa crisi,che non è esplosa in questi anni,ma il problema nasce da molto piu' lontano.Credo fermamente che parecchie colpe vadano agli industriali pratesi che si sono sempre fatti la guerra tra di loro,a suon di scarsissima produzione,a scapito del prodotto tessile pratese ,che fino a 10/15 anni fa era ancora abbastanza valido.Forse era il caso allora che dovevano mettersi tutti intorno a un tavolino e parlare di tutela del prodotto,magari facendo un consorzio ,come è avvenuto per tutti i prodotti di alto pregio.Invece non hanno voluto tutelare " l'oro di Prato" ma solo i loro portafogli,poi non contenti hanno delocalizzato le loro ditte a destra e a manca,invece di avere il coraggio di investire nel futuro loro in primis e di quello di tante famiglie locali ( che dovevano e devono vivere ora sopravvivere)come poche persone intelligenti e coraggiosi e meritocratici hanno saputo e sanno fare, cosi' su due piedi mi viene in mente un ragazzo che conosco bene si chiama Marco Santi che insieme al gruppo Mazzi delle Nuove Fibre sta mettendoci faccia,soldi,competenza ,coraggio ,ma sopratutto tanta fiducia per migliorare lo stato delle cose,perche' sta facendo acqua da tutte le parti.Poi cerdo che la colpa vada cercata nel mondo politico pratese e regionale che mi sembra molto irreale,proprio come un pinquino su Marte,con tutti i nessi e connessi,poco presenti se non quando erano vicine le elezioni.Questo è il mio pensiero la prospettiva vista da una donna estranea e ignorante,ma che ha dato tanto per la sua ditta e che si è fatta un discreto "culo" ,mi scuso per l'espressione poco aulica ,ma rende di più l'idea.Adesso mi piacerebbe sapere come intendono risolvere il problema,dove andremo (i disoccupati chiaramente) a lavorare ,cosaandremo a fare,ma sopratutto dove andremo a mangiare?????? Secondo me ,un bell'esame di coscienza se lo dovrebbero fare in molti,ma sopratutto vergognarsi di come hanno ridotto Prato,penosi spettatori...E da queste rovine mi auguro che si ritrovi la forza ,la voglia,il coraggio di riemergere,perchè ormai abbiamo toccato il fondo....e mi piacerebbe che nascessero tanti Marco Santi da cui molti dovrebbero prendere esempio....
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Post n. 3
Hai scrittoil 27 marzo 2009 alle 8.21
La mia proposta è quella di creare un sistema in cui tutta la filiera pratese è salvaguardata, le persone di cui parli saranno sicuramente brave persone ma sono state tra coloro che hanno rifinito e lavorato tessuti provenienti da paesi esteri , li hanno rifiniti e venduti come prodotto made in Italy.
Questa cosa è certamente legale ma vorrei farti capire che le tessiture,le filature di cardato sono tutte rimaste fuori da questo meccanismo perverso per cui "bisogna rimanere sul mercato".
Se il mercato è malato bisogna ripartire da zero e permettere alla gente di potersi comprare dei prodotti di qualità che la gente mica è scema !
Se potesse non lo comprerebbe il prodotto cinese, lo vede da 2 km di distanza la differenza: la verità è che non se lo puo' permettere.
Investire sul territorio significa ricreare la comunità senza divisioni tra imprenditori,artigiani e dipendenti perchè mai come ora sono stati nella merda allo stesso modo !
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Post n. 4
Sandra Mazzatosta ha scrittoil 27 marzo 2009 alle 21.39
hai perfettamente ragione ,ma le menti di persone cosi' incapaci di capire che far capitolare il prodotto del tessile completo dal filo alla pezza finita,andrebbero resettate e installate da capo,sopratutto quelle persone che hanno iniziato questo processo di regresso,è chiaro che la gente non si puo' permettere un prodotto qualitativamente migliore rispetto a quello cinese o di altri paesi,ma mi chiedo come mai chi produceva tessuti non si accontentava di guadagnare un po' meno ,ma guadagnare tutti?E la politica perchè è stata a guardare senza muovere boccino,quanti interessi oscuri alle spalle della gente che credeva in un futuro?Probabilmente pero'bisognerebbe prendere esempio da sarkozi che spinge la gente a essere piu' nazionalisti a consumare meno prodotti stranieri e salvaguardare i nostri prodotti di qualita' anche a scapito della globalizzazione,solo cosi'forse arriveremo a meta' dell'opera,l'altra meta' dovremmo essere tutti piu' onesti e umili e fare un grosso lavoro mentale,cosa che vedo molto dura......
Le persone e la persona a cui mi sono ispirata è una persona che sta buttando tantissimi soldi per dei macchinari piu' all'avanguardia,per fare anche dei prodotti alternativi ma sempre di elevata qualita',non so se filera' tutto liscio,ma certamente sta provando a cambiare le cose e sta facendo lavorare gli italiani cosa che in altre rifinizioni non succede perchè molti sono extracomunitari ,insomma roma non si è fatta in un giorno,ma se non si comincia da qualcosa......
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Progetto Sostes- Regione Lombardia

Progetto SOSTES innovazione e sostegno al capitale umano prioritariamente nel settore tessile-abbigliamento


Tipologia di Progetto
Il Progetto avrà per oggetto la realizzazione di iniziative previste dalla Misura D1-D3-D4 del POR 2000-2006 Ob. 3 FSE, della Regione Lombardia per azioni di sostegno ed innovazione per le imprese lombarde, con particolare attenzione alle PMI della filiera del tessile- abbigliamento.

Il Progetto SOSTES è inserito all’interno delle iniziative dell’AdP Competitività Asse 1-Innovazione, che vede la collaborazione di Regione Lombardia, Camere di Commercio lombarde e Unioncamere Lombardia.


Finalità
Il Progetto SOSTES ha la finalità di sostenere con azioni immediate e di veloce applicazione, ma con effetti a lungo termine, lo sviluppo di soluzioni innovative proposte dalle imprese lombarde, attraverso la qualificazione del “fattore umano” inteso come variabile strategica di crescita imprenditoriale e per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali.


Destinatari

- PMI secondo la definizione dell’UE con meno di 250 dipendenti (con particolare riguardo alle imprese della filiera del tessile- abbigliamento)
- Imprese artigiane (con particolare riguardo alle imprese della filiera del tessile - abbigliamento)
- Micro e piccole imprese, secondo la definizione dell’UE con meno di 50 dipendenti ed appartenenti al commercio al dettaglio del tessile-abbigliamento, anche di nuova costituzione
- Operatori del sistema della filiera del tessile - abbigliamento
- Titolari e dipendenti di PMI
Tipologie di Azioni
Il Progetto ha la finalità di integrare organicamente e potenziare le azioni che il sistema regionale attua per il sostegno delle imprese lombarde.

Pertanto le azioni realizzate all’interno del Progetto sono le seguenti:


AZIONI DA INCENTIVARE DIETRO PRESENTAZIONE DI PROGETTI DA PARTE DI OPERATORI TERZI (Azioni di Servizio)

A1: Azioni di supporto per l’innovazione del sistema manifatturiero (con particolare riguardo alle imprese della filiera del tessile-abbigliamento)
A2: Azioni di supporto per l’innovazione del sistema distributivo al dettaglio del settore del tessile-abbigliamento
A3: Azioni di promozione dell’innovazione ed aggregazione imprenditoriale per Operatori di sistema della filiera del tessile-abbigliamento.
AZIONI DA REALIZZARSI A CURA DEL SOGGETTO OPERATIVO

A4: Azioni di Sistema per l’animazione del territorio, l’informazione, l’orientamento, la formazione, l’assistenza e ricerca e studi
A5: Azione di attuazione e gestione del Progetto
A6: Azioni di supporto all’Internazionalizzazione ed Innovazione delle Imprese della filiera del tessile- abbigliamento lombarda.
Tempi di realizzazione
Febbraio – Giugno 2009: realizzazione delle attività progettuali.

Salviamo il Tessile su facebook

Commenti su facebook:

Antonio Gomes ha scritto
alle 2.16 di ieri
Gomes tessuti Srl che ha cambiato ragione sociale nel 2004 in base alla crisi del settore che iniziata di fatto nel 2001, dopo più di un secolo di vendita di tessuti all'ingrosso a Bari.
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Federico Materassi (Italy) ha scritto
alle 21.38 del 26 marzo 2009
si , ma facciamo veloce.................
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Bechi Claudio ha scritto
alle 21.38 del 26 marzo 2009
la moneta cinese deve assolutamente aumentare di valore (non esiste al mondo che una nazione che aumentata il pil del 10% l'anno e la moneta non si apprezzi) questo farebbe aumentare il potere di acquisto della classe media cinese con un aumento dei potenziali consumatori del made in italy.
indagini di mercato per capire che penetrazione di mercato,quali sono le aziende interessate e capire il fabbisogno mondiale del brend che si vuole produrre
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Giovanni Lanza ha scritto
alle 15.01 del 26 marzo 2009
noi non abbiamo il problema della concorrenza cinese ma della crisi economica che pare colpire per primi proprio i lavoratori del tessile.
Avete mai fatto caso che nei servizi televisivi quando si parla di crisi fanno vedere sempre donne che cuciono o che stendono teli al taglio, e quando parlano di ripresa industrie metalmeccaniche? Vorrà dire qualcosa no?
Eppure il tessile dovrebbe essere un vanto per l'Italia molto più di altri settori.
Scrivi sulla bacheca di Giovanni - Segnala - Elimina

Il Signa ha scritto
alle 12.38 del 26 marzo 2009
i commenti su questa bacheca verranno pubblicati su www.salviamoiltessile.blogspot.com appena scompaiono da questa prima pagina
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Silvia Dabizzi ha scritto
alle 12.35 del 26 marzo 2009
credo anch'io che l'unica strada percorribile sia la legalità.. se i cinesi sono qui, e hanno letteralmente invaso la nostra città, è perchè hanno fatto comodo a molti... dovremmo prima combattere il lavoro a nero, e i primi a farlo dovrebbero essere gli imprenditori... per ribaltare la situazione ci vuole un gesto eclatante, ci vuole coraggio e la voglia di rimettersi in discussione... e mi pare che agli imprenditori manchi la voglia di rimboccarsi le maniche...
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Alberto Santini ha scritto
alle 1.20 del 26 marzo 2009
Il tessile pratese si salva soltanto se tutti e dico tutti ci si unisce per un interesse comune che non può essere solo profitto ma la ricchezza di un intero distretto l'unico vero distretto in Italia....serve guardarsi dentro e riflettere: se i cinesi sono qui è perchè hanno fatto comodo a qualcuno che già ci lavorava, se sono qui e prolificano è perchè convengono a molte imprese pratesi sopratutto alle più illegali, finchè gli imprenditori, degni di questo nome continueranno a non prendere iniziative dirette tipo denuncie, notifiche, avranno sempre senso e saranno sempre più autorizzati i FURBONI....ma sopratutto se non si fa un patto Prato per Prato di correttezza, rispetto del tessuto sociale di cui Prato è composta e non smettono di preferire l'illegalità alla legaità e legittimità la stragrande maggioranza degli imprenditori pratesi, non si va da nessuna parte e siccome a nessun imprenditore importa " rigiocare 'i cacio vinto.." allora siamo persi
Scrivi sulla bacheca di Alberto - Segnala - Elimina

Paolo Capecchi ha scritto
alle 23.16 del 25 marzo 2009
sto notando quanto agli industriali pratesi se cosi gli vogliamo chiamare , importi di Prato, in questo gruppo non ne individuo alcuno, non ci arrampichiamo sugli specchi dando la colpa ai cinesi nostrali, forse alla Cina si, oppure ai pratesi che sono andati la ad insegnare come fare , poi alle amministrazioni Comunali e Provinciali che sono corse a chiedere aiuto ai cinesi, per non parlare dell'amatissimo dei pratesi MR : MORTADELLA che hanno venduto la nostra anima e dignità......ORAMAI E' TARDIIIIIIIIIII , è inutile chiudere il recinto quando i buoi sono scappati.
IMPARIAMO A SOPRAVVIVERE E DAI CINESI NOSTRALI............
Scrivi sulla bacheca di Paolo - Segnala - Elimina

Parigi Antonella ha scritto
alle 13.07 del 25 marzo 2009
vorrei dire che piu triste di cosi non si puo.e cmq l illegalita dei cinesi è cosi evidente che le istituzioni non gline po frega di meno..annozero!!ma io cero.sono del lanificio fedora ,e mi congratulo con il mio titolare,..bravo si bravo..xlui prato puo affondare.non ha la faccia.anzi MAI AVUTA.ragazzi facciamo una rivolta..i cinesi rompono,eccome se rompono.loro con un pugno di riso passano la girnata ma noi non ci potremmmo mai accontentare.da italiani manteniamo la ns dignita
Scrivi sulla bacheca di antonella - Segnala - Elimina

Emiliano Citarella (Italy) ha scritto
alle 22.36 del 24 marzo 2009
organizziamoci
Scrivi sulla bacheca di Emiliano - Segnala - Elimina

Alessandro Bonacchi Spippolo (Italy) ha scritto
alle 17.12 del 24 marzo 2009
1) controlli nelle aziende che lavorano sottoprezzo grazie allo sfruttamento del lavoro clandestino ed in nero, controlli sui committenti e controlli su sicurezza e lavoro nero a tutte le aziende. Particolare attenzione alle 4000 aziende cinesi o di esse committenti per sanare anni di non controlli degli enti preposti. Solo chi rispetta le regole deve stare sul mercato.
Per il resto condivido.

giovedì 26 marzo 2009

Beneficiari finanziamenti regione toscana

Finanziamenti Regione Toscana, di queste aziende molte sono tessili.
Spero veramente che i soldi dei contribuenti siano spese in maniera adeguata.

dal gruppo "salviamo il tessile" su facebook
Le famose 4000 aziende cinesi che hanno fatto saltare in aria tutto il pronto moda di "TAVOLA" è basato su una grossa percentuale di sfruttamento del lavoro di chi per "fame" è costretto a traferirsi a Prato in cerca di un futuro migliore.

Un cinese arriva illegalmente a Prato e cerca il riscatto come puo' , in molti casi coincide nel farsi sfruttare da un altro cinese e poi si vedrà.

Ma di chi è la colpa del Cinese o di chi permette che questo sistema esista?

La colpa è da ricercare fra chi non ha vigilato e chi ha chiuso un occhio , per certo la Politica Pratese ha grosse colpe.

Non se ne deve fare una lotta razziale ma una lotta per la legalità!


commenti da facebook:
Alberto Santini ha scritto
alle 0.20 di ieri
Il tessile pratese si salva soltanto se tutti e dico tutti ci si unisce per un interesse comune che non può essere solo profitto ma la ricchezza di un intero distretto l'unico vero distretto in Italia....serve guardarsi dentro e riflettere: se i cinesi sono qui è perchè hanno fatto comodo a qualcuno che già ci lavorava, se sono qui e prolificano è perchè convengono a molte imprese pratesi sopratutto alle più illegali, finchè gli imprenditori, degni di questo nome continueranno a non prendere iniziative dirette tipo denuncie, notifiche, avranno sempre senso e saranno sempre più autorizzati i FURBONI....ma sopratutto se non si fa un patto Prato per Prato di correttezza, rispetto del tessuto sociale di cui Prato è composta e non smettono di preferire l'illegalità alla legaità e legittimità la stragrande maggioranza degli imprenditori pratesi, non si va da nessuna parte e siccome a nessun imprenditore importa " rigiocare 'i cacio vinto.." allora siamo persi

Paolo Capecchi ha scritto
alle 22.16 del 25 marzo 2009
sto notando quanto agli industriali pratesi se cosi gli vogliamo chiamare , importi di Prato, in questo gruppo non ne individuo alcuno, non ci arrampichiamo sugli specchi dando la colpa ai cinesi nostrali, forse alla Cina si, oppure ai pratesi che sono andati la ad insegnare come fare , poi alle amministrazioni Comunali e Provinciali che sono corse a chiedere aiuto ai cinesi, per non parlare dell'amatissimo dei pratesi MR : MORTADELLA che hanno venduto la nostra anima e dignità......ORAMAI E' TARDIIIIIIIIIII , è inutile chiudere il recinto quando i buoi sono scappati.
IMPARIAMO A SOPRAVVIVERE E DAI CINESI NOSTRALI............


Parigi Antonella ha scritto
alle 12.07 del 25 marzo 2009
vorrei dire che piu triste di cosi non si puo.e cmq l illegalita dei cinesi è cosi evidente che le istituzioni non gline po frega di meno..annozero!!ma io cero.sono del lanificio fedora ,e mi congratulo con il mio titolare,..bravo si bravo..xlui prato puo affondare.non ha la faccia.anzi MAI AVUTA.ragazzi facciamo una rivolta..i cinesi rompono,eccome se rompono.loro con un pugno di riso passano la girnata ma noi non ci potremmmo mai accontentare.da italiani manteniamo la ns dignita


Emiliano Citarella (Italy) ha scritto
alle 21.36 del 24 marzo 2009
organizziamoci

Alessandro Bonacchi Spippolo (Italy) ha scritto
alle 16.12 del 24 marzo 2009
1) controlli nelle aziende che lavorano sottoprezzo grazie allo sfruttamento del lavoro clandestino ed in nero, controlli sui committenti e controlli su sicurezza e lavoro nero a tutte le aziende. Particolare attenzione alle 4000 aziende cinesi o di esse committenti per sanare anni di non controlli degli enti preposti. Solo chi rispetta le regole deve stare sul mercato.
Per il resto condivido.

notizia del giorno


Dl incentivi/ Via libera a 10 mln per sostegno tessile-calzature
di Apcom
Approvato emendamento relatori in commissioni Camera
Roma, 25 mar. (Apcom) - Arrivano 10 milioni di euro per sostenere il settore tessile e calzaturiero, colpito fortemente dalla crisi economica. Lo stabilisce un emendamento dei relatori al dl incentivi, Marco Milanese ed Enzo Raisi, approvato dalle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. "Al fine di assicurare efficace sostegno alle iniziative di rilancio produttivo e di tutela occupazionale - si legge nell'emendamento - per il 2009 una quota non inferiore a 10 milioni di euro delle risorse del Fondo di garanzia è destinato alle imprese operanti nei distretti industriali della concia, del tessile e delle calzature ove vi siano realizzate opere di carattere collettivo per lo smaltimento o il riciclo dei rifiuti o per il riciclo e la depurazione di almeno il 95% delle acque a uso industriale, per il rilascio di garanzie anche attraverso il ricorso ai consorzi di garanzia fidi". La dotazione finanziaria del fondo di garanzia, quindi, viene incrementata di 10 milioni di euro per il 2009.

Localizzare invece di DELOCALIZZARE

E' scandalosa la politica degli ultimi anni che ha incentivato alla delocalizzazione spostando la produzione in grossa parte in Romania.

Chi ha spostato la produzione ha licenziato a Prato creando piano piano un dramma sociale perchè la riconversione è stata pagata dalle persone comuni in maniera molto cara perchè chi viene licenziato ottiene dei contratti di lavoro precario.

Chissà a cosa pensavano i sindacati e i nostri amministratori mentre questo avveniva ?


La risposta è la creazione di luoghi dove il prodotto "fatto a Prato" sia garantito dalla stessa filiera in quanto ogni capo deve avere l'etichetta di tutte le aziende che hanno partecipato al prodotto.



notizie del giorno

Film su crisi tessile con cinese GF
In uscita 'Cenci in Cina' dell'esordiente Marco Limberti
(ANSA) - FIRENZE, 26 MAR - La crisi del tessile a Prato e l'invasione dei cinesi saranno raccontate in un film, 'Cenci in Cina', opera prima di Marco Limberti. In una Prato capitale dell'industria tessile fino a poco tempo fa, ora tutto e' cambiato e i due soci Vittorio Pelagatti (Alessandro Paci) e Armando Giachetti (Francesco Ciampi), proprietari di un'azienda in crisi, devono fare i conti con l'imprenditrice senza scrupoli Li' (Man Lo Zhang, la cinesina del Grande Fratello), per salvarsi dal fallimento


Leandro Gestri ha scritto
alle 11.18 del 24 marzo 2009
Riguardo all'illegalità cinese quella è sotto gli occhi di tutti e gli organi competenti la devono combattere. Sicuramente se su quasi 4000aziende cinesi solo una è iscirtta alla camera di commercio un perchè ci sarà. Se dovessero chiudere le aziende illegali, di quasi 4000 mila ne rimarrebbero ben poche.
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Leandro Gestri ha scritto
alle 11.11 del 24 marzo 2009
Sono ignorante in materia tessile,nonostante son pratese ho lavorato solo 15mesi in qst settore.Il pronto moda era il pane dei pratesi che in cantinetta cucivano e campavano.Ora lo fanno i cinesi e chi lavorava così ora non lo fa più.Però una domanda mi nasce spontanea.Se i cinesi lavorano la maggior parte il pronto moda,come fanno ad essere in crisi lanifici,tintorie o aziende che non fanno parte del pronto moda?Dal mio punto di vista ignorante sembra d aver visto una mancata pubblicità del prodotto Pratese.I nostri prodotti secondo me non sono ben pubblicizzati e ben presentati nonostante l'arte tessile a Prato da secoli.Secondo me va rivalutato il prodotto pratese come unico(perchè così è)pubblicizzandolo non solo in zona ma anche nel mondo,con campagne pubblicitarie,facce famose ecc,anche partendo dalla piccola pubblicità di piccole aziende.Spero che Cenci in Cina sia fatto in modo da rivalutare il tessile a Prato e non un'autocritica del settore
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Propenso Denis ha scritto
alle 9.59 del 24 marzo 2009
IO FACCIO L'ANNODINO E SONO SCONSOLATO!!!!!
Scrivi sulla bacheca di Propenso - Segnala - Elimina

Lanfranco Nosi (Italy) ha scritto
alle 9.33 del 24 marzo 2009
...
Ma non illudiamoci che i problemi possano essere risolti: per questo, parte di quella che è oggi l'industria del tessile potrebbe essere riconvertita - inserendo tutto all'interno di un circuito economico locale basato anche su una moneta locale - per iniziare a soddisfare i bisogni fondamentali della cittadinanza.
Produzione locale per bisogni locali: una vera rivoluzione, visto che oggi il tessile, che ha dato tanto ma che da tempo risucchia anche tantissime risorse, è tutto proiettato "all'esterno" della città, ed inevitabilmente inserito in una competizione persa in partenza sul costo del lavoro.
Questo significa riportare il tutto alle "giuste" dimensioni. Orientare su una produzione di elevata qualità, sulla innovazione di prodotto e sull'incremento del valore aggiunto (che normalmente non coincide con l'aumento della forza lavoro, ma proprio il contrario), e liberare energie per ripensare tutto il sistema economico pratese.
Possiamo ragionarci sopra?
Scrivi sulla bacheca di Lanfranco - Segnala - Elimina

Lanfranco Nosi (Italy) ha scritto
alle 9.26 del 24 marzo 2009
vogliamo provare a rovesciare l'impostazione, e vedere la crisi di un modello industriale/artigianale, che non poteva durare in eterno, come una grande opportunità di rivederne gli assunti di base?
Perché l'esistenza delle manifatture cinesi non condiziona il comparto tessile in quanto tale, e bisogna farsene una ragione: al contrario, l'esistenza del famoso "distretto parallelo" potrebbe veramente costituire quella "chiusura della filiera" di cui tanti cianciano, salvo poi portare a confezionare abiti, divise e quant'altro in Tunisia o in Romania. E, forse, sarebbe veramente l'ora di parlarne e di confrontarsi anche con i tanti imprenditori cinesi che risiedono sul nostro territorio. Un vero e proprio nuovo "patto"....

Una soluzione per il tessile: Accorciare e proteggere la filiera del distretto

La filiera tessile è molto lunga a PRATO ma cio' non vuol dire che faccia lievitare i costi perchè per lo piu' l'artigiano fa quello che potrebbe fare il dipendente nell'azienda anche se si comporta in maniera piu' elastica ovvero lavorando anche 12 ore nei momenti di maggior lavoro.
Questo ha contribuito affinchè il distretto tessile pratese diventasse un modello di sviluppo di paragone per tutto il mondo.

Oggi abbiamo due problemi che tendono a minare la filiera pratese : il primo è l'importazione di semi -prodotti orientali che tagliano il 90% delle lavorazioni presenti sul distretto il secondo è la crisi dovuta alla diminuzione del potere d'acquisto della gente.

Per contravvenire all'aumento spropositato dei prezzi di produzione a causa dei moltiplicatori che usano grossisti o Grande distribuzione Organizzata si devono creare degli empori dove vengano venduti al pubblico o ai privati i prodotti garantiti (fatti a Prato) dove vengano riportati i nomi dei vari lavoranti sistema che autogarantirebbe dai "furbetti del distretto".

Per quanto riguarda il secondo problema, cioè il potere d'acquisto, basterebbe che la gente e le aziende si associassero al circuito Arcipelago Scec per avere un vantaggio d'acquisto dal 10% al 30%
Questi alcuni commenti su facebook.

Clicca qui per entrare nel gruppo facebook "salviamo il tessile"


Orazio Fergnani (Italy) ha scritto
alle 1.51 del 24 marzo 2009

Caro "il Signa" confratello SCECchista,
sono e sarò con te fino alla morte.
Ma penso proprio che se non prendiamo il Potere prima...... saremo e sarete costretti a morire prima del tempo.
Come anche tu hai ben capito gli Sgovernanti non hanno intenzione di muovere un dito.
Quindi dobbiamo inventarci la soluzione da soli.
Mi sovviene un simpatico film in cui Totò e Peppino facevano i magliari in Germania, un pò quello che fanno ora i Cinesi a Prato, ma ancora più ridotto all'osso.
Ricominciamo a fare i magliari anche noi. Combattiamo i Cinesi sullo stesso piano, se lo hanno fatto i nostri padri lo possiamo fare anche noi.
Vendita diretta dalla fabbrica al consumatore senza nessun passaggio intermedio.
Vedrai che la vendita ricomincia!
Se vuoi mi candido come magliaro per la mia zona e mi impegno a venderti del prodotto se me lo consegni in conto vendita sulla parola di SCECchista!!
La moneta siamo noi intendimi!!!

Viva la rivoluzione!!!

Veientefurente alias Orazio Fergnani.


Ginevra Simoni (Italy) ha scritto
alle 17.30 del 23 marzo 2009
Non sono del ramo, ma perchè non puntare anche sul riciclo del materiale tessile e reimpiego in altri settori (tipo quello dell'edilizia o del design)?

Simone Malanima ha scritto
alle 17.19 del 23 marzo 2009
sono con te...

notizia del giorno


Dl incentivi/ Precari,Borsa e tessile,le modifiche in commissione
di Apcom
Per l'approdo in Aula il testo potrebbe restare come è adesso
Roma, 25 mar. (Apcom) - Dal 'pacchetto precari' alle nuove norme anti-scalata per le società quotate, dagli aiuti al settore moda ai vincoli anti-delocalizzazione per le imprese che beneficiano degli incentivi. Sono queste le principali modifiche al dl incentivi approvate finora dalle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera nell'esame del provvedimento, arrivato ormai alle battute finali. Dopo lo strappo leghista sul Patto di stabilità interno, i lavori sono in una fase di stallo e le votazioni dovrebbero riprendere domani pomeriggio, probabilmente soltanto per votare il mandato al relatore per l'approdo in Aula (previsto lunedì 30). Non si esclude, tuttavia, che le commissioni possano decidere di non riunirsi più e rinviare tutto all'esame dell'Assemblea: anche in questo caso, quindi, il testo del provvedimento resterebbe quello approvato finora. Queste le principali modifiche al decreto varate nelle votazioni nelle due commissioni di Montecitorio. PACCHETTO PRECARI: nuove forme di sostegno per i precari che perdono il lavoro durante la recessione. Le misure prevedono, in particolare, il raddoppio al 20% dell'indennità 'una tantum' stabilita per i lavoratori a progetto. NO A DELOCALIZZAZIONI: gli incentivi per l'acquisto di auto, moto, mobili ed elettrodomestici si applicano per le aziende che si impegnano a non delocalizzare la produzione, ma l'efficacia della norma è subordinata all'autorizzazione dell'Ue. Il governo dovrà poi firmare dei protocolli con le aziende della filiera per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali. CDP A SOSTEGNO PMI: la Cassa depositi e prestiti potrà intervenire a sostegno delle piccole e medie imprese - concedendo finanziamenti, rilasciando garanzie e assumendo capitale di rischio o debito - per aiutarle a contrastare la crisi economica. AIUTI ALLA MODA: arrivano 10 milioni di euro per il rilancio produttivo e la tutela occupazionale del settore moda. Viene ampliata infatti la dotazione del Fondo di garanzia per le imprese operanti nei distretti industriali della concia, del tessile e delle calzature. OPA TOTALITARIA: l'obbligo di Opa per chi detiene una partecipazione superiore al 30%, "senza disporre della maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria", scatterà con acquisti superiori al 5% in un anno. Al momento, invece, si possono acquistare ogni anno quote al massimo del 3% senza l'obbligo di lanciare l'Opa. PARTECIPAZIONI RILEVANTI: la Consob potrà fissare "per un periodo limitato di tempo" soglie inferiori al 2% per l'obbligo di comunicazione di partecipazioni rilevanti al mercato. BUY-BACK: per le società quotate il tetto per l'acquisto di azioni proprie salirà dal 10 al 20%. (segue)

mercoledì 25 marzo 2009

TESSILE,AMBIENTE E CARDATO

LA fibra riciciclata viene già prodotta a Prato ed è quella che producono le sfilacciature Pratesi.

Dai cenci si passa alla fibra e poi al filato cardato , il tessuto e i vestiti che tutti si mettono addosso.

Mai a nessuno che sia venuto in mente di considerare che il mancato conferimento negli inceneritori dei cenci è un guadagno per la comunità a Montemurlo (fonte assessore Ganugi) 130euro/tonn.

Anzi la Asm portando il cassonetto personalizzato disincentiva la raccolta indifferenziata perchè per la classica indolenza italiana si tende a buttare tutto dentro.

La mia azienda differenziando i rifiuti ha risparmiato 360 euro e tutte le aziende dovrebbero saperlo .

La fibra ecologica già la produciamo inoltre so che viene prodotta fibra dalle bottiglie di plastica riciclate.
Trattandosi di polimeri solo ditte come Montefibre o Gruppo Radici (di Pistoia) possono darci delle informazioni in merito chiedero' ...

notizia del giorno:

TESSILE: 50 AZIENDE PRATESI INSIEME PER CHIEDERE GARANZIE A ITTIERRE

(ASCA) - Prato, 24 mar - Le aziende pratesi che hanno o hanno avuto rapporti commerciali con la Ittierre hanno deciso di ''attivarsi in modo unitario presso gli organi dell'amministrazione straordinaria'' dello stesso gruppo Ittierre per ''ottenere adeguate garanzie bancarie o assicurative per i crediti legati alle forniture''.

Lo rende noto l'Unione industriale pratese, al termine della riunione tecnica che si e' tenuta oggi.

Le aziende (circa 50) hanno delegato, a tale scopo, l'avvocato Alessandro Traversi.

''Le aziende hanno chiesto all'Unione industriale pratese di coordinare sul piano tecnico questa iniziativa - ha spiegato il direttore dell'associazione Marcello Gozzi -. Ci siamo quindi resi disponibili a supportarle per gli aspetti organizzativi, senza ovviamente alcun intento di influenzare le decisioni che verranno assunte dal gruppo e dalle singole imprese: continuare o no a rifornire Ittierre, e con quali condizioni e garanzie, sara' una scelta esclusivamente aziendale. Questa iniziativa e' certamente inconsueta per le aziende pratesi: un ulteriore segnale, se ce ne fosse bisogno, di quanto la crisi in atto stia rimescolando le carte e imponendo comportamenti nuovi ed ispirati alla massima cautela''.

afe/mcc/ss

martedì 24 marzo 2009

Salviamo il tessile?

Sono un imprenditore tessile pratese dal 1990 e mio padre ha fondato l'azienda nel 1978.
Quello che sospettavo ha trovato conferma sia in trasmissioni televisive "vere" come ANNOZERO oppure REPORT sia parlando con altri imprenditori.
I problemi del tessile sarebbe risolvibili in tre mosse :
1) controlli nelle 4.000 aziende cinesi che sono a buon prezzo grazie alllo sfruttamento del lavoro clandestino
2)salvaguardare la filiera (dalla fibra al prodotto finito il "fatto a prato" deve essere prodotto in loco"
3)creare degli empori per la vendita diretta del nostro prodotto accorciando la filiera che fa lievitare il prezzo del prodotto di qualità

Un ulteriore aiuto si puo' avere partecipando ad Arcipelago Scec (al quale io partecipo) che aiuta attraverso i buoni locali l'acquisto di prodotti di qualità.

Se speriamo che i politici ci diano una mano possiamo dichiarare "fallito" il distretto pratese , lo potete capire se avete visto la trasmissione di Santoro dove da una parte e dall'altra non capiscono niente (volevo dire un'altra cosa!)e si danno tutti contro senza capire quello che loro stessi hanno fatto e cercano continuamente di scaricare la loro responsabilità.

Che paese è quello in cui i sindacati non difendono i diritti dei lavoratori? Che paese è quello dove le associazioni di categorie (confartigianato,Confesercenti,etc) difendono il loro stipendio e non coloro che rappresentano

lunedì 23 marzo 2009

Gruppo di facebook sul Tessile

Ho creato un gruppo di discussione su facebook "Salviamo il tessile" tutti colore che ancora credono al tessile.

CLICCA QUI SU FACEBOOK

mercoledì 11 marzo 2009

TESSILE: NEL 2008 -12,3% EXPORT PER PRATO, CRESCE SOLO MERCATO CINESE

(ASCA) - Firenze, 10 mar - Crolla l'export del tessile pratese nell'ultimo trimestre del 2008, con difficolta' su tutti i mercati tranne che su quello cinese, che continua ad aumentare.

E' quanto emerge da una ricerca dell'Unione industriale pratese, che ha elaborato i dati Istat sulle esportazioni.

L'export manifatturiero pratese ha perso il 10,9% nell'ultimo trimestre del 2008, dato che si va a sommare a una serie di risultati trimestrali negativi. Sul totale dell'anno la contrazione e' del 6,9%.

In particolare l'industria tessile pratese registra nel 2008 sul 2007 una contrazione dell'export pari al 12,3%.

Diminuiscono le esportazioni di tessuti trama-ordito (-14,4%) di filati (-12,3%), e altri tipi di tessuti (-11,4%); mentre rimane stabile nel 2008 l'andamento delle vendite all'estero dei tessuti a maglia (+0,9%). Il comparto ha sofferto in tutti i mercati anche se, penalizzate dal cambio sfavorevole e dall'andamento dell'economia, sono risultate peggiori le performances dei mercati statunitense (-22,3%) e giapponese (-21,2%). Continua la penetrazione dei prodotti pratesi nel mercato cinese (+8,1%), e dal 2008 la Cina, come cliente del distretto tessile, rappresenta il 3,2% del totale dell'export, una 'fetta' superiore, per esempio, a Usa e Giappone.

''Questi risultati complessivi dell'export tessile e meccanico pratese non possono sorprendere'' commenta Raffaella Pinori, vicepresidente dell'Unione industriale pratese, rilevando pero' che ''pur con enormi difficolta' tante imprese ce la stanno mettendo davvero tutta e dimostrano di saper nuotare contrastando la corrente. Occorre che a queste imprese non manchino sostegni a livello locale, regionale, nazionale ed europeo''.

afe/mcc/rob

lunedì 9 marzo 2009

Maxi Sciarpa contro la Crisi nel tessile

Carpi: una maxisciarpa contro il ''grande freddo'' del tessile
Inserito il 09-03-2009 ~ 16:15 da Red


Bassa modenese - Istituzioni locali, associazioni imprenditoriali industriali e artigiane e organizzazioni sindacali confederali propongono per sabato 14 marzo alle ore 10 in piazza Martiri a Carpi l’iniziativa Un Futuro alla Moda, durante la quale verrà srotolata una maxisciarpa (cinquanta metri di lunghezza per uno di altezza) che diventerà il simbolo delle rivendicazioni del sistema tessile-abbigliamento-calzaturiero di Carpi e di tutta la regione.



“In considerazione delle crescenti difficoltà del comparto moda italiano, che a tutt’oggi non hanno trovato risposte nei provvedimenti del recente ‘decreto anticrisi’, del Governo – spiegano i promotori - abbiamo deciso di organizzare questa iniziativa per sostenere e rilanciare un settore manifatturiero tra i principali della regione sia in termini occupazionali che di saldo attivo import-export.
Ci poniamo l’obiettivo, sulla base dei contenuti del Protocollo d’intesa sulla politica industriale per il settore tessile-abbigliamento-calzature italiano firmato il 15 dicembre 2008 e presentato al Governo, di ottenere concrete risposte in materia di ammortizzatori sociali, accesso al credito, sostegno al reddito e a consumi”.

La mobilitazione del distretto di Carpi e dell’intero Sistema moda regionale segue altre iniziative simili che si sono svolte nei giorni scorsi a Biella e a Prato, e a cui hanno partecipato tra l’altro anche rappresentanze delle istituzioni locali. Sabato 14 marzo verrà distribuita una cartolina (stampata in 30mila copie) che riporta un testo con il quale si ricorda al Presidente del Consiglio Berlusconi l’impegno a proteggere questo settore così importante per la nostra economia. E quale strumento di protezione migliore contro il freddo e le malattie di una grande sciarpa realizzata per l’occasione da imprese locali e che farà bella mostra di sé sabato 14 in Piazza Martiri, dove si potranno firmare anche le cartoline da inviare poi a Palazzo Chigi (in caso di maltempo la manifestazione si terrà nella Sala delle Vedute di Palazzo dei Pio). Nel corso dell’iniziativa è previsto l’intervento del Presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani, del Sindaco di Carpi Enrico Campedelli, del Presidente della Provincia Emilio Sabattini e dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria e delle associazioni imprenditoriali industriali e artigiane. Sono ovviamente invitati alla manifestazione imprese, lavoratori, istituzioni, forze politiche.

lunedì 2 marzo 2009

Il Papa interviene sulla crisi del tessile a Prato

Crisi, il Papa interviene sul caso di Prato

Il Papa durante l'AngelusBENEDETTO XVI esorta la politica a tutelare il lavoro e cita Prato tra le «situazioni difficili». Il sindaco pratese Marco Romagnoli prontamente ringrazia giudicando «un segno di speranza» le parole pronunciate dal Papa durante l´Angelus. «L´alta tribuna da cui è sgorgato l´appello - dice Romagnoli - dimostrano che le ragioni espresse dall´intera città nel corteo di sabato sono giuste. Non chiediamo assistenza, chiediamo che il messaggio lanciato da Prato trovi ascolto come ha trovato ascolto nelle parole del Papa. Prato ha bisogno di attenzione». Da Abu Dhabi, dove si trova in missione, anche il presidente del governo toscano Claudio Martini, saluta con favore quanto detto dal Pontefice: «Ogni segnale di attenzione è positivo». Ma il capo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri parla di Prato in ben altri termini: chiede l´espulsione immediata di tutti i cinesi clandestini.

Una richiesta formale, annunciata con una nota arrivata poco dopo le parole del Papa: «Liberare Prato - scrive l´esponente di An - chiedo al governo e direttamente ai ministri Sacconi e Maroni un intervento straordinario, impiegando forze ingenti, per espellere le migliaia di cinesi clandestini giunti nella città toscana e per chiudere le attività illegali svolte dai cinesi nel tessile. Schiavismo, evasione fiscale e contributiva, violazioni di ogni tipo avvengono alla luce del sole sfidando lo Stato e la legalità», scrive Gasparri dopo la manifestazione pratese contro la crisi del tessile che ha coinvolto imprenditori, dipendenti, istituzioni e sindacati.

«La manifestazione di ieri deve trovare risposta - insiste Gasparri - lo Stato vada a Prato in forze e tuteli quanti, italiani o stranieri, rispettano le leggi e i principi sociali e cancelli tutto il resto. Serve, subito, un´azione straordinaria e determinata».

venerdì 27 febbraio 2009

Tessile: Lo Stato ci aiuti o si chiude !

L'Sos del tessile: "Lo Stato ci aiuti
o qui si chiude"

Per la crisi internazionale il distretto tessile di Biella vive il suo momento più difficile da sempre



GIOVANNI CERRUTI
INVIATO A BIELLA
La “Rammendatura Moderna” chiude questa mattina, altri trenta a casa, e Alberto Platini si tortura la sua bella sciarpa di seta. E’ nera, come l’umore di questi duecento che alle due del pomeriggio si son dati appuntamento nella sala dell’Auditorium di Città Studi. Arrivano da Prato, da Carpi, da Vicenza e Schio, da Como e Novara. Sono le facce e i nomi del tessile allo sbando. Sergio Scaramal, il presidente della provincia di Biella, ha appena parlato di «un imprenditore che ha il 70% di ordini in meno». E’ Alberto Platini, 43 anni, vice presidente degli industriali di Biella. «E non sono l’unico...».

Aspettano notizie da Roma, proprio adesso c’è un incontro al Ministero. «Perché per l’auto sì, per l’elettrodomestico sì, per Alitalia sì, per il mobile pure e per noi niente?». Luciano Donatelli, 60 anni, il presidente degli industriali, ha scritto al premier e ai giornali: «Non chiediamo favori, ma almeno 18 mesi di attenzione». Solo a Biella rischiano il lavoro in 20 mila. Risposte, finora, nessuna. «La nostra è una crisi che non si vede, e dunque è molto più pericolosa. E andrà avanti almeno fino al 2010».

Dimenticarsi, almeno qui, il bel mondo della moda, le griffe, le modelle, le sfilate e le feste. E’ un’altra storia. Ed è una crisi che tocca tutte le grandi famiglie, gli Angelico e i Cerruti, Loro Piana e Piacenza, Reda e Zegna. «L’ultima azienda che non era ricorsa alla cassa integrazione ordinaria era Piacenza - dice Gianfranco Stoppa, segretario dei tessili Cgil del Piemonte -. L’ha appena chiesta». E a loro, ai grandi, va ancora bene. «La maggior parte delle aziende sono piccole e non possono accedere alla cassa - spiega Vittorio Barazzotto, 50 anni, il sindaco -. Lavoratori ad alta specializzazione che escono e non torneranno più».

A Prato in dodici anni le aziende tessili si son dimezzate, da 12 mila a 6 mila. L’altra sera 200 artigiani dell’indotto, riuniti dal sindaco, si son detti pronti alla resa: «Consegneremo le chiavi alle banche». Per protesta stanno preparando uno striscione per la manifestazione di domani: sarà lungo un chilometro. Da Carpi, Vicenza, Como, Novara, stessi bollettini da disfatta. Mercedes Bresso, governatrice del Piemonte, tenta di tirar su il morale: «Il tessile è il 10% del valore aggiunto nazionale ed è l’immagine dell’Italia». Già, ma è il tessile o la moda, è l’industria o la passerella?

Alberto Platini sta pensando alla sua “Rammendatura Moderna” che chiude questa mattina. Chissà dove sono finiti i tessuti che le sue operaie lavorano, alla Casa Bianca, al Cremlino, a Buckingham Palace, in Vaticano, da qualche Emiro? «Ho quattro aziende, 120 dipendenti, quasi tutte donne. Il fotovoltaico. Le pari opportunità. L’attenzione all’ecologia. L’innovazione. La ricerca. Insomma, ho sempre fatto tutto e di più. Ma ho il 70% degli ordini in meno e l’Irap da pagare. Morale, mi dovrò rivolgere a una banca e c’è chi sta peggio di me: una collega mi ha appena detto che non sa se riesce ad arrivare a fine marzo».

Chiedono un fisco più leggero, magari la «deducibilità per le spese di prodotti del tessile». La «tracciabilità», in modo che si sappia per certo se un prodotto è davvero made in Italy. Quando finisce questo «Textile day» biellese, da Roma arriva qualche buon segnale: all’incontro con i rappresentanti del settore, sindacati compresi, c’era il ministro Scajola in persona. Non se l’aspettavano. «Si è impegnato a dare risposte in tempi rapidi», fa sapere Michele Tronconi, presidente di Sistema Moda Italia.

Ammesso che non sia già troppo tardi, o che possa bastare. Luciano Barbera, 70 anni, non riesce a mostrarsi ottimista. «I miei 120 dipendenti in questo mese hanno già fatto una settimana di cassa integrazione», dice. La crisi avanza e si abbatte anche su questo signore con clienti illustri, da Brioni a Chanel, «ai miei altri 200 sparsi nel mondo». Ha crediti per 2 milioni e 600 mila euro, il 70% in Usa. «Lo Stato dovrebbe dare commesse e nuova liquidità a chi non ha delocalizzato. E sempre lo Stato dovrebbe garantire l’autenticità dei nostri prodotti».

giovedì 26 febbraio 2009

Tessile, il 2009 sarà orribile

Dati preoccupanti dalla Sezione serica dell'Unione Industriali e dal centro studi di Sistema moda Italia
A inizio anno calano subito il fatturato (-10,2%) e gli ordini (-7,8%)


Il 2008 è stato un anno pessimo per la seta lariana. È iniziato male, con una brusca frenata sull’andamento delle vendite, e si è chiuso peggio, con un pesante tonfo su tutti i fronti, eccezion fatta per gli accessori femminili. Il 2009 si prospetta ancora più negativo, con consistenti flessioni stimate nei primi mesi sul fronte sia del fatturato (-10,2%) sia degli ordini raccolti (-7,8%). I dati, raccolti dalla Sezione serica dell’Unione Industriali di Como e dal centro studi di Sistema moda Italia (Smi), sono inequivocabili e riflettono la crisi economica che ha colpito i principali mercati del mondo.
Le tessiture seriche italiane, che oltre alla seta lavorano anche le fibre chimiche e sono in gran parte concentrate in provincia di Como, hanno chiuso il 2008 con una diminuzione complessiva del fatturato del 5,3% (rispetto all’anno precedente) e con una flessione dei quantitativi venduti di pari entità (-5,2%). E proprio l’ultimo trimestre dello scorso anno ha dato la spallata finale alle speranze dell’industria tessile comasca di riuscire a contenere gli effetti negativi della crisi. «Tra ottobre e dicembre - spiegano gli esperti di Smi e Unione Industriali - si è verificato un vero e proprio cedimento. Nel corso del quarto trimestre, infatti, il fatturato è diminuito dell’11,5% (rispetto allo stesso periodo del 2007, ndr), con un mercato nazionale in flessione del 15,3% e un calo delle vendite oltreconfine meno accentuato (-8%). Gli ordini raccolti hanno registrato una contrazione del 19,1%, riflettendo un deterioramento del quadro congiunturale che si è ulteriormente aggravato agli inizi del 2009»
Il 2008 si era aperto tutto sommato in positivo, con fatturati ancora in crescita (+1,5%) anche se in frenata rispetto ai risultati del 2007, quando erano aumentati del 4,2%. I segnali negativi, però, erano già emersi. Nei primi tre mesi dello scorso anno la raccolta degli ordinativi era infatti stata fiacca: -4,9%. A partire dal secondo trimestre si è poi innescata una vera e propria «inversione di tendenza rispetto ai buoni risultati conseguiti nel corso del 2007», come precisa l’indagine Smi-Unione Industriali. Il tonfo, come detto, si è materializzato nell’ultimo trimestre. Ed è stato un crollo che ha interessato soprattutto i tessuti per abbigliamento femminile e quelli per cravatteria, mentre gli accessori - dai foulard agli scialli, dalle stole alle sciarpe di seta - hanno retto, nonostante la crisi.
In particolare, il tessuto per abbigliamento femminile, nel quarto trimestre 2008, ha evidenziato una caduta di fatturato pari al 12% (-15,9% sul mercato nazionale, -8,8% all’estero). Su base annua la flessione dei ricavi è stata pari al 5,7% (-9,8% in termini di volumi venduti). La dinamica degli ordini, nel periodo ottobre-dicembre 2008, è stata pesantemente negativa (-19,7%).
Peggio hanno fatto le stoffe per cravatte che nell’ultimo trimestre del 2008 hanno registrato ricavi in calo del 15,5% (-10,7% in quantità). La flessione del fatturato su base annua ha raggiunto il 9,7% (-17,4% in Italia, -12,8% sui mercati esteri). La caduta ha interessato sia l’articolo stampato (-11,5%) sia quello tinto in filo (-16,8%). Decisamente preoccupanti le prospettive per le cravatte, con un crollo degli ordinativi del 23,6% nei primi tre mesi di quest’anno.
L’accessorio tessile femminile, infine, ha risentito del contesto economico molto sfavorevole, ma è riuscito a mantenere risultati positivi anche nel corso dell’ultimo trimestre del 2008 (+1,2% il fatturato), con il mercato estero cresciuto a un ritmo ben più accelerato (+4,9%) rispetto al mercato nazionale (+0,7%). «Il comparto - sottolineano gli esperti di Smi-Unione Industriali - ha chiuso il 2008 con un incremento annuo del fatturato pari al 4,9% (+8,9% i volumi venduti). La raccolta ordini nell’ultimo trimestre è stata però negativa (-4,7%), come già riscontrato per cravatteria e abbigliamento, ma in termini decisamente più contenuti».


Marcello Dubini

mercoledì 25 febbraio 2009

Il tessile di Prato chiede la sospensione dell'Irap

Il tessile di Prato chiede la sospensione dell'Irap
di Cesare Peruzzi





Aiuti alla filiera del tessile abbigliamento, così com'è stato fatto per i settori dell'auto e degli elettrodomestici. Moratoria di due anni per gli studi di settore. Sospensione dell'Irap nel 2009. Il distretto industriale di Prato è in apnea e chiede l'ossigeno necessario per non morire aspettando la ripresa. Che per ora non arriva. «I portafogli ordini delle imprese sono quasi vuoti - spiega Riccardo Marini, presidente dell'Unione industriale pratese - dopo un 2008 molto negativo, stiamo affrontando il 2009 senza alcuna visibilità, in ritardo di almeno un mese sull'andamento dei tradizionali ordini invernali e con la prospettiva che a marzo finiscano i fondi per sostenere l'occupazione, soprattutto quella delle aziende artigiane».

Domani è in programma un incontro romano tra i vertici del Sistema moda Italia (il presidente Michele Tronconi) e i ministri Scajola, Tremonti e Sacconi. Sabato, a Prato, è stata indetta una grande manifestazione che porterà in piazza migliaia di persone, a cui parteciperanno insieme agli imprenditori, agli amministratori locali e ai lavoratori del distretto toscano anche rappresentanti degli altri poli del tessile abbigliamento nazionale (Biella, Como, Vicenza, Carpi), per chiedere più attenzione da parte del Governo e delle Regioni.

«Rischiamo di perdere pezzi della nostra filiera produttiva: è indispensabile salvare i gruppi che hanno fatto investimenti, per poter garantire il lavoro ai contoterzisti che altrimenti rischiano di scomparire», dice Massimo Logli, presidente della Provincia di Prato, promotore un anno fa di un tavolo di concertazione tra le forze sociali economiche e di governo locale per affrontare la crisi. «Gli aiuti e i sostegno normali oggi non bastano più - aggiunge - servono strumenti straordinari e la collaborazione di tutti».
Negli ultimi otto anni, il distretto pratese ha perso più di un miliardo di fatturato (sceso a quota 3,7 miliardi, con una contrazione del 7,1% nel 2008, quando l'export è crollato del 10,3%). Nello stesso periodo sono saltati anche 10mila posti di lavoro (1.129 solo l'anno scorso) e le imprese tessili attive sono diminuite del 37,1%, sempre dal 2001 a oggi. In questo momento, sono 2mila i lavoratori in cassa integrazione ordinaria, 600 in straordinaria e quasi 1.200 quelli che usufruiscono dei contributi dell'Ente regionale bilaterale per gli artigiani Ebret.

«Se non arriva in tempi rapidi il decreto attuativo del Governo sui fondi per gli ammortizzatori sociali, rischiamo di perdere altri mille posti di lavoro nelle prossime settimane», sottolinea Manuele Marigolli, segretario generale della Cgil di Prato. Il sistema moda toscano, come registra l'indagine congiunturale Confindustria-Unioncamere, arriva da otto trimestri negativi consecutivi (nel quarto trimestre 2008 la produzione manifatturiera regionale è calata del 9,2%). «Serve dare attuazione ai protocolli firmati con le banche per far arrivare il credito alle imprese», dice Antonella Mansi, presidente di Confindustria Toscana. «Sono da rivedere gli studi di settore», commenta Pierfrancesco Pacini, leader di Unioncamere. E di «moratoria di due anni per gli studi di settore» parla Marini, che chiede anche la «sospensione del pagamento dell'Irap nel 2009. Servirebbe a dare un po' di liquidità alle aziende», puntualizza.

domenica 22 febbraio 2009

La filiera tessile biellese a rischio frantumazione

Biella: distretto tessile a rischio (Repubblica)


FTA Online News

Secondo il presidente degli industriali di Biella Luciano Donatelli servono circa 250 milioni di euro per salvare il settore tessile della cittadina piemontese. A Biella viene tuttora prodotto il 40% dei filati di lusso del mondo e in questo distretto opera anche il gruppo Parà Temposte i cui tessuti sono stati scelti per l'arredamento dello Studio Ovale di Barack Obama. Un patrimonio che però, a causa della crisi, adesso potrebbe disperdersi per sempre. Lo riporta stamane Il Sole 24 Ore. (GD)

giovedì 19 febbraio 2009

Sciopero a Prato contro la crisi nel Tessile

Tessile/ Mobilitazione a Prato il 28 contro crisi, tutto pronto
Uno striscione lungo un chilometro girerà per il centro
postato 13 ore fa da APCOM

Prato, 19 feb. (Apcom) - Tutto pronto per la mobilitazione del distretto tessile di Prato contro la crisi: è lungo un chilometro lo striscione che sarà il simbolo della protesta, una fascia laterale rossa, l'altra verde e una fascia centrale bianca con la scritta ripetuta molte volte 'Prato non deve chiudere', lo slogan scelto dal Tavolo di Distretto per la sollevare il caso Prato e trovare interlocutori in Regione e al Governo. Sabato 28 febbraio lo striscione sarà srotolato in piazza Mercatale seguendone i contorni: sorretto da oltre mille persone, attraverso via San Silvestro entrerà in piazza e da qui in via Ferrucci e in viale della Repubblica fino all'Istituto Buzzi. Biella, Como, Vicenza e Carpi e con loro altre città tessili del centro-nord, saranno presenti con gonfaloni e proprie rappresentanze istituzionali. C'è infatti un accordo fra le città tessili per richiedere all'esecutivo nazionale di essere inserite nel pacchetto di 'aiuti di Stato' a sostegno dell'economia, come avvenuto per il settore dell'auto.
"Dobbiamo far sentire la nostra voce adesso, perché fra qualche mese sarebbe tardi", sottolineano tutti, amministratori e rappresentanti delle forze economche e sociali che prendono parte al Tavolo. La mobilitazione comincia alle 9 del mattino di sabato 28. Apriranno la giornata il presidente della Provincia Massimo Logli, il sindaco Marco Romagnoli e i rappresentanti di industriali, artigiani e sindacati. Una volta che lo striscione avrà occupato piazza Mercatale, entrerà in azione un elicottero che scatterà foto e farà immagini del simbolo della protesta. Nella piazza, all'interno del parcheggio, sarà montata anche una scritta, ancora lo slogan 'Prato non deve chiudere', realizzata con elementi utilizzati nelle imprese tessili. Va avanti anche il progetto di confezionare un abito per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con l'impegno del Tavolo di Distretto a consegnarlo al Presidente in persona insieme ad un appello per Prato.