venerdì 23 gennaio 2009

Crisi tessile in Lombardia

Sono 740 le aziende lombarde in crisi
Maggiori problemi a Varese e Bergamo
E’ un quadro della situazione produttiva in “pesante peggioramento” quello tracciato dalla Femca. Per la precisione 504 le aziende tessili in crisi, mentre 236 sono le imprese in difficoltà nel settore chimico
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Milano, 21 gennaio 2009 - Sono più di cinquecento, per la precisione 504, le aziende tessili in crisi, per 31.376 lavoratori coinvolti e difficoltà concentrate in particolare in provincia di Bergamo; 236 imprese in difficoltà nel settore chimico, con 28.245 lavoratori interessati, con i maggiori problemi in provincia di Varese.



E’ un quadro della situazione produttiva in “pesante peggioramento” quello tracciato dalla Femca, la Federazione energia moda chimica ed affini della Cisl della Lombardia, che ha reso noto oggi i risultati delle indagini congiunturali relativi al sistema moda e al comparto della chimica.



Nel 2008 le imprese interessate all’utilizzo degli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria, mobilità) sono state complessivamente 740 +124% (504 area tessile, +103%, 236 area chimica, +192%) rispetto alle 330 imprese del 2007 (249 area tessile, 81 area chimica).



Si è notevolmente ampliata nel 2008 la platea dei lavoratori interessati da processi di crisi 59.421 +113% (31.376 area tessile, 28.245 area chimica), rispetto ai 27.825 (17.859 area tessile, 9.966 area chimica) del 2007, mentre il numero dei lavoratori e delle lavoratrici direttamente coinvolti nel 2008 nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali nella varie tipologie di crisi è più che raddoppiato: 28.977 addetti + 141% (18.853 area tessile, 10.124 area chimica), rispetto ai 12.013 (8.790 area tessile +114%, 3.223 area chimica +214%) del 2007.



Le difficoltà più marcate si evidenziano nelle aree territoriali della regione Lombardia dove è forte la presenza del settore cotoniero: territori di Bergamo, Brescia, Valle Camonica, Sebino, Legnano, Magenta, Varese.



Tutta la filiera del cotone in Lombardia è “in grossissima difficoltà”: nelle maggiori aziende di filatura e tessitura di cotone è aumentato in modo esponenziale l’utilizzo della Cigs, i gruppi aziendali più importanti come Manifattura di Legnano, Tessival, N & K, Cotonificio Honegger, Zambaiti e Legler sono quelli più coinvolti nell’utilizzo della Cigs, che da sole in Lombardia rappresentano circa cinquemila addetti. In diverse aziende si è poi fatto ricorso ai contratti di solidarietà.



Gli addetti posti in mobilità nel Sistema Moda in Lombardia nel 2008 sono stati 961, rispetto ai 420 del 2007. Mentre le aziende che hanno cessato l’attività sono state 23, con una perdita di 663 posti di lavoro.



La Cisl rileva che anche nei settori chimico, farmaceutico, gomma e plastica sono aumentate notevolmente le difficoltà, con un “evidente maggior ricorso a tutti gli ammortizzatori sociali”. E’ aumentato del 271% il ricorso alla cassa integrazione ordinaria: 6.844 addetti coinvolti nel 2008 rispetto ai 1.843 nel 2007, l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria è anch’essa aumentata del 94% (1.206 addetti coinvolti nel 2008 rispetto ai 622 del 2007).



I lavoratori posti in mobilità sono triplicati +188% (1.928 posti nel 2008 rispetto ai 668 del 2007). Altre 4 aziende hanno cessato l’attività con una perdita di 146 posti di lavoro. I territori maggiormente coinvolti dalla crisi sono Varese e Milano.



”Quello che va superato, anche da parte industriale, è la pigrizia, il non rischiare, il perseguire la via apparentemente più facile - ha sottolineato il segretario della Femca Cisl Lombardia, Giuseppe Redaelli, presentando i rapporti -. In particolare, per il tessile continuare a pensare che è meglio delocalizzare vuol dire distruggere poco alla volta tutti i pezzi delle filiera. E senza filiera integra, non c’è più Made in Italy”.



”Servono sforzi congiunti su obiettivi precisi - ha aggiunto Redaelli - quali meno tasse sui salari, agevolazioni fiscali per fusioni, ricerca, innovazione, su cui indirizzare le risorse private degli industriali, delle banche e quelle del sistema pubblico, senza disperderle in mille rivoli, per aumentare la competitività delle imprese e salvaguardare l’occupazione”.

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