venerdì 25 giugno 2010

Pierluigi Paoletti fa il punto sulla crisi economica

mercoledì 23 giugno 2010

La Politica che aiuta le aziende

Cari amici,

da un po' di tempo stiamo portando avanti attraverso incontri istituzionali e fra imprenditori un progetto che ha lo scopo di proteggere e valorizzare la filiera pratese.

Ovviamente questi signori durante le discussioni espongono i loro giusti dubbi affinchè soldi pubblici non vengano buttati via.

Questo è lodevole.

La cosa curiosa è che creano dei consorzi con paroloni accattivanti che dovrebbero accompagnare le aziende verso l'innovazione .

Peccato che accada che le aziende che ti devono aiutare nel cambiamento poi si trovano costrette a chiudere sepolte dai debiti.

Questi debiti come potrete capire dall'articolo che segue saranno pagati dai cittadini.

Mi raccomando vota Antonio !

Debiti per 5 milioni
Così sprofonda il Cii fonte quotidiano.net

Il Consorzio di impresa e innovazione era nato per favorire lo sviluppo delle aziende


Pistoia, 19 giugno 2010 - Avrebbe dovuto «insegnare alle imprese a fare impresa», e invece ha finito per accumulare debiti per milioni di euro. Dopo oltre vent’anni di attività, per Cii, la società pubblico-privata nata con lo scopo di fornire servizi alle aziende della provincia, si sono aperte le procedure per la messa in liquidazione. La massa dei debiti, per un ammontare di circa 5 milioni e mezzo di euro, è in gran parte dovuta agli ingenti prestiti ottenuti dalle banche, con interessi passivi che — si calcola — sfiorano i mille euro il giorno. Le possibilità di vendere il vasto patrimonio immobiliare acquistato in questi anni sembrano essere piuttosto ridotte, e il crocevia che si presenta di fronte alla società è in ogni caso drammatico: ricapitalizzazione o fallimento.





Ma come si è arrivati a una simile situazione? Nominato liquidatore a fine 2009, Antonio Pileggi ha spiegato le ragioni del flop del Centro impresa e innovazione nel corso di una seduta della Commissione consiliare vigilanza e controllo aziende partecipate del Comune di Pistoia. La causa di tutti i mali del Cii sta nell’acquisto, risalente ai primi anni 2000, dell’area ex Sedi di Campotizzoro.



Al posto della grande fabbrica metallurgica della montagna, grazie a finanziamenti della comunità europea, il Cii realizzò una ventina di capannoni artigianali con l’obbligo di rivenderli. Purtroppo senza riuscirci: circa il 40% dei fabbricati sono tuttora vuoti. Sguarnita di infrastrutture, la zona è evidentemente considerata poco attraente per gli imprenditori, specie in un periodo di crisi come quello attuale. Meglio per chi ne è rimasto fuori, visto che i pochi artigiani della zona che hanno accettato la scommessa di investire nell’ex Sedi, si trovano adesso a dover riscuotere forti somme dal Cii. Sempre secondo quanto riferito da Pileggi in Commissione, a pesare sui bilanci della società starebbero vertenze di lavoro per contratti di collaborazione rinnovati per oltre un decennio, e spese tecniche e per consulenze milionarie.







Ci sono tutti gli ingredienti per far divampare una polemica politica furibonda. Oltre a quasi tutte le associazioni di categoria, sono soci del Cii la Provincia di Pistoia (che detiene il 20% delle quote), la Camera di commercio (col 36), e i Comuni di Pistoia, Monsummano Quarrata, Pieve a Nievole, San Marcello e Lamporecchio, con quote marginali. I consiglieri comunali dell’opposizione Alessio Bartolomei e Margherita Semplici gridano allo scandalo, ma voci voci si alzano anche dalla maggioranza, con Andrea Betti, capogruppo dell’Idv che sulla messa in liquidazione del Cii ha già presentato un’interpellanza. «Qual è stato il percorso della società? Quali i motivi della sua liquidazione? E soprattutto, quali impegni sono stati presi per difendere il posto dei (due) dipendenti, vittime innocenti delle scelte colpevoli degli amministratori?», chiede Betti.

s.t.

giovedì 17 giugno 2010

Fatturato tessile Moda -16,5% nel 2009

SMI anticipa ricavi Tessile-Moda 2009 in deciso calo da repubblica.it

(Teleborsa) - Roma, 14 giu - Una prima (e ancora provvisoria) analisi del bilancio settoriale permette di cogliere l'impatto che la recessione economica mondiale ha avuto sull'industria italiana Tessile-Moda. Il Centro Studi SMI (Sistema Moda Italia), in attesa di completare la raccolta delle informazioni aziendali e di diffondere fra qualche settimana il quadro settoriale definitivo per il 2009, anticipa che la flessione media annua del fatturato generato dal Tessile-Moda dovrebbe essere pari al -16,5%.
Se l'anno era iniziato con una forte flessione del Tessile, di trimestre in trimestre anche i risultati dell'Abbigliamento-Moda si sono progressivamente deteriorati, portando ad una riduzione della forbice tra le performance dei due macro-comparti della filiera.
Sul bilancio settoriale ha inciso in maniera determinante il "crollo" senza precedenti della domanda estera; tuttavia, la stessa atonicità del mercato interno che, peraltro, da tempo caratterizza il consumo di prodotti di Tessile-Moda da parte delle famiglie italiane, non è riuscita a sostenere il settore.
Con riferimento al valore della produzione (variabile che tenta di stimare la produzione italiana al netto della commercializzazione di prodotti importati), si prevede una contrazione altrettanto significativa, dell'ordine del -17,5%. I processi di selezione tipici di fenomeni economici come le crisi, inoltre, hanno influito sulla struttura stessa dell'industria Tessile-Moda italiana, provocando una significativa contrazione di aziende e occupati a livello nazionale. Le aziende dovrebbero evidenziare una variazione del -3,3%, corrispondente a oltre 1.800 unità. Sul fronte del mercato del lavoro si stima che verranno persi circa 26.000 addetti.

martedì 15 giugno 2010

Lettera al Ministro Ronchi in visita in città

Egregio Ministro Ronchi,

la situazione nel nostro distretto tessile è divenuta ormai insostenibile.

Le migliaia di aziende che ancora oggi popolano il nostro distretto , che fino ad un decennio fa era preso a modello di sviluppo in tutto il mondo, oramai faticano a rimanere in vita.

Le motivazioni sono molte, e vorrei esporle in maniera sintetica e più chiara possibile. 

Le nostre aziende sono sempre piu' schiave di commesse svantaggiose che vengono imposte dalle GDO (Grande Distribuzione Organizzata).

Prato deve competere sul mercato con aziende , che sfruttando il modello della filiera tessile pratese,ma non rispettando le leggi, hanno un prezzo piu' competitivo e un servizio impeccabile.

Prato deve combattere con una Legge, la numero 55 sul Made in Italy approvata in data 6 Aprile 2010, che se da una parte fa piu' chiarezza, di fatto penalizza una parte del tessuto produttivo di Prato: non ha piu' senso infatti fare i filati o tessere a Prato, se si accetta il concetto per il quale basti solo "nobilitare" e "confezionare" il tessuto nel territorio nazionale per avere un'etichetta che è la piu' ambita nel mercato della moda.

Questa Legge di fatto incentiva l'illegalità, incentiva l' importazione di manufatti semi-finiti prodotti spesso in Paesi che non rispettano i diritti dei lavoratori e nemmeno i minimi criteri di sicurezza e qualità.
Questa Legge favorisce quegli imprenditori che hanno delocalizzato, sotto il consiglio dei politici, le proprie aziende all'estero, di fatto togliendo posti di lavoro nel nostro Bel Paese, lasciando sul lastrico milioni di famiglie.

Sappia, signor Ministro, che il Distretto Tessile pratese, nel suo insieme dà lavoro a molte piu' persone rispetto ad aziende blasonate che riempiono le cronache dei maggiori quotidiani.

Ora , visto che è passato dalla nostra città, la prego di custodire fino a Roma la nostra lettera, meditando, che senza il manifatturiero che per lustri ha fatto crescere la nostra Italia, non si esce da una crisi voluta da "fattucchieri" finanziari che credono in una società fondata sul debito e perseguono la distruzione della classe media che ha fatto grande Prato.

Il nostro gruppo fatto di dipendenti, artigiani e piccoli imprenditori, è composto da gente che ha perso ogni fiducia nelle associazioni di categoria di rappresentanza e nella classe politica che ci governa.

Il "cambiamento" di indirizzo politico che ha vissuto Prato nelle recenti elezioni , se non sarà seguito da fatti concreti, si tradurrà nell'accentuarsi di atteggiamenti xenofobi che "aleggiano" in città, e per evitarli basterebbe solo far rispettare le leggi.

Concludo, Signor Ministro, chiedendo un attimo di attenzione per Prato, che ha versato  in tanti anni di lavoro ogni tassa  creata dalle Vostre manovre finanziarie, e che oggi Le chiede che una parte infinitesimale di quei soldi vengano restituiti per far "parlare" di nuovo questi telai silenziosi.